San Biagio è piccola e il braccialetto suona
L’imputato deve stare a 500 metri dalla vittima ma in paese è difficile rispettare la distanza
San Biagio Troppo piccola, la frazione di San Biagio, per far andare d’accordo le esigenze di sicurezza, la tecnologia che le dovrebbe garantire e il legittimo godimento della libertà rimasta a chi è sottoposto a una misura cautelare. In altri termini: l’uso del braccialetto elettronico è a volte molto più complesso di quanto non sembri e in grado di produrre un’ingiustizia per evitarne un’altra. Il caso è quello di un uomo indagato in un procedimento per stalking e al quale il tribunale nel febbraio scorso aveva applicato la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla donna che lui avrebbe perseguitato. Il provvedimento gli vieta di avvicinarsi a una distanza inferiore a 500 metri in particolare - ma non solo - dall’abitazione della vittima. Per rendere più effettivo il rispetto di tale divieto, il giudice delle indagini preliminari aveva previsto che all’uomo venisse applicato il braccialetto elettronico. E qui nascono i problemi.
Essendo sia l’indagato che la donna residenti a San Biagio ed essendo le dimensioni dell’abitato non proprio mastodontiche, il braccialetto elettronico non fa alcuna fatica a far scattare l’allarme, essendo molto facile per l’uomo trovarsi anche in maniera del tutto involontaria in un qualsiasi punto del paese che sia vicino a uno dei luoghi frequentati dalla vittima, finendo così per commettere un reato. Questo è quello che è accaduto il 25 marzo scorso quando l’uomo si è recato in un bar insieme a un’amica, facendo così scattare l’allarme: il locale si trova a circa 200 metri dall’abitazione della donna perseguitata e per questo motivo il braccialetto ha mandato l’avviso ai carabinieri, che sono arrivati e lo hanno arrestato per aver violato il divieto che gli era stato imposto. L’arresto è stato anche convalidato dal giudice, ma nel successivo giudizio abbreviato celebrato ieri, l’uomo, difeso dalle avvocate Alessandra Alberti del Foro di Ferrara e Roberta Del Monaco del Foro di Bologna, ha ottenuto un’assoluzione piena da parte della giudice Rosalba Cornacchia, «perché il fatto non costituisce reato». La difesa è riuscita a dimostrare che in quel contesto è impossibile per l’uomo spostarsi e sapere se sta o meno violando il divieto di avvicinamento, anche perché il braccialetto avvisa i carabinieri ma non chi lo indossa. Inoltre quel giorno si era recato in un bar scelto appositamente perché sapeva non essere un luogo frequentato dalla donna che è accusato di aver perseguitato, rivelando così la sua totale buona fede nell’essersi avvicinato alla sua abitazione superando il limite consentito. Non si tratta di un problema sconosciuto: nei mesi scorsi un sindacato dei carabinieri aveva rilevato proprio questo disagio, dovuto al fatto che spesso i braccialetti attivano gli allarmi perché usati in contesti in cui è difficile tararli al meglio, comportando un aggravio di lavoro per i militari.