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Il lutto

Gallo, crisi d’asma fatale. Lo zio: “Fatima era il nostro sole”

Marcello Pulidori
Gallo, crisi d’asma fatale. Lo zio: “Fatima era il nostro sole”

La bambina aveva otto anni, stava festeggiando il compleanno quando si è sentita male

01 maggio 2024
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Gallo Non solo Gallo e Malalbergo. È un’intera comunità, quella pakistana, che in queste ore si stringe attorno alla famiglia di Fatima, la bimba di 8 anni stroncata domenica sera da una crisi d’asma che l’aveva colpita venerdì. Morta nel giorno del suo compleanno visto che Fatima era nata il 28 aprile 2016 all’ospedale di Bentivoglio. Il dramma che ha investito la famiglia di questa bimba ha letteralmente paralizzato i tanti amici ma soprattutto i numerosi parenti. Al dolore innaturale che la morta di una bimba di 8 anni legittimamente suscita, si aggiunge anche quello di tanti cittadini italiani, soprattutto qui a Gallo, che negli anni hanno potuto apprezzare le qualità di questi cittadini pakistani, il papà e la mamma di Fatima, Yasar e Tasadaf. Da diversi anni in Italia, hanno saputo guadagnare la stima e la fiducia di tante persone e da tempo sono impegnati, assieme ad altri parenti, nella gestione della kebabberia di famiglia, in via Nazionale, a Gallo, divenuta negli anni un punto di ritrovo in paese. Tutto ha inizio nella serata del 26 aprile, venerdì scorso. Siamo nella casa dove la bimba abita con i genitori e altri familiari stretti, a Malalbergo, appena di là dal fiume Reno.

Come spesso avviene, soprattutto tra giovanissimi, Fatima sta giocando con altri bambini tra cui fratelli e cugini. La bimba soffre di crisi di asma e i genitori la tengono d’occhio. Succede così che prima di cena proprio papà e mamma si accorgono che c’è qualcosa che non va, come ieri si è ben capito dal racconto di Alì, uno degli zii di Fatima. Il papà della bimba decide allora di portarla all’ospedale di Cona, ma quando l’auto con a bordo la piccola raggiunge Gallo la situazione precipita. Fatima sviene. Il padre si ferma e chiama immediatamente il 118: pochissimi minuti e la bimba viene soccorsa. Sul posto convergono un’ambulanza e l’elicottero dei sanitari ed è quest’ultimo che, dopo un lungo e complesso trattamento sul posto, trasporta la bimba pakistana all’ospedale Maggiore di Bologna. Nel frattempo le condizioni di Fatima appaiono altalenanti: a momenti di apparente stabilità seguono fasi più critiche. Una volta arrivata al "Maggiore" Fatima viene però nuovamente trasferita, come sempre lo zio racconta, in un altro ospedale, ancora più specializzato nell’area pediatrica, il Sant’Orsola. Sabato e domenica scorsi sono i giorni della speranza: Fatima viene sottoposta a tutte le cure possibili mentre i medici chiedono ai genitori informazioni sulle sue crisi asmatiche. L’impressione è però quella che gli stessi medici considerino fin da subito molto complessa la situazione, pur facendo tutto quanto umanamente possibile per salvare la piccola.

Speranze che purtroppo si rivelano vane: nella serata di domenica il cuore della bimba cessa di battere. La notizia della morte di Fatima piomba a Gallo e prima ancora nella casa di famiglia di Malalbergo come un macigno pesantissimo, insopportabile e per tanti versi inspiegabile. La comunità pakistana, una comunità molto unita e spesso legata da ramificate parentele, ha nel suo dna una fortissima solidarietà reciproca. Che nelle ore successive al dramma si mette in movimento. Il resto è la cronaca del dolore e delle ultime, ultimissime ore. Ieri nella moschea di Corticella si è svolto un rito di saluto per la piccola, mentre oggi i genitori partiranno al seguito del feretro della figlia alla volta del Pakistan dove si svolgeranno i funerali. Ieri anche il sindaco di Poggio Renatico, Daniele Garuti, si è stretto alla famiglia. Infine, ieri pomeriggio, accogliendoci nella casa di Malalbergo dove Fatima viveva, è stato lo zio Muddasar a consegnarci l’ultimo ricordo di questa bellissima bambina e un atto di fede: «Fatima è sempre stata una bambina molto solare e si adattava a tutto e tutti. Questo è un dolore infinito, ma anche un decreto divino e così lo dobbiamo accettare».