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Alcolisti anonimi, incontro a Torbiera: «L’alcol mi stava consumando»

Katia Romagoli
Alcolisti anonimi, incontro a Torbiera: «L’alcol mi stava consumando»

I racconti di chi sta provando a uscire dal tunnel

20 maggio 2024
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Torbiera Fabio ha 43 anni, è domiciliato a Codigoro, lavora per conto di un’impresa e da un anno frequenta, il gruppo "Alcolisti anonimi Pomposa" che, ieri pomeriggio, nella sede di Torbiera, ha celebrato il 26º anniversario della propria nascita. Erano una sessantina i partecipanti all’incontro, provenienti anche da altre località vicine, così come dal Basso Veneto e dalla Romagna, per condividere riflessioni, esperienze di vita e traguardi raggiunti senza il bicchiere. Le storie

«Il mio bere era diventato incontrollabile - spiega Fabio -; pensavo all’alcol dalla mattina alla sera, ma non volevo riconoscere questa drammatica realtà. Bevevo prima o dopo il lavoro. Lo scorso anno mi è stata ritirata la patente e ora mi è stata rilasciata una patente a tempo, che prevede tre rinnovi in sei anni. Venendo qua mi si è aperto un mondo». A indirizzare Fabio a uscire dal tunnel sono stati i carabinieri della stazione di Codigoro e se la luce è spuntata in fondo al tunnel della dipendenza dall’alcol lo deve anche a loro, e non solo alla forza di volontà. «Viviamo 24 ore alla volta - conclude Fabio - e ogni giorno senza bere è una conquista. Per oggi sono le 16 e non ho bevuto».Qualsiasi cosa o pretesto per un alcolista può divenire l’impulso a bere, a ruota libera, senza freni, come riconoscono anche altri presenti all’incontro di Torbiera. Tra loro anche Claudia (altro nome di fantasia), responsabile del gruppo ferrarese di Alcolisti Anonimi, la quale ricorda che il tema scelto per festeggiare il 26º anniversario locale è la terza (di dodici) tradizioni che accompagnano il percorso di coloro che entrano a far parte dell’associazione. «L’unico requisito richiesto per essere membri di A.A. è il desiderio di smettere di bere e quando c’è questo desiderio - chiarisce Claudia -, significa che si è toccato il fondo e si è compreso che l’ultima speranza per uscire dalla dipendenza è chiedere aiuto. La nostra associazione non è l’unica speranza, perché ci sono anche i medici e il Serd. Noi proponiamo un programma spirituale di 12 passi, che parte dal presupposto secondo il quale non è l’alcol il nostro problema, ma siamo noi il problema».

Passo dopo passo

La condizione posta è quella di provare a riprendere in mano la propria vita e dato che per un alcolista pensare di smettere di bere per tutta la vita è una realtà drammatica da sostenere, si propone di smettere di bere per 24 ore e si va avanti di giorno in giorno. Il mutuo aiuto e l’applicazione del programma in 12 passi sono due delle strategie di riscatto per gli alcolisti anonimi, alle quali si somma il contributo determinante della rete familiare, che entra a far parte dell’associazione "Al-Anon", di cui ieri il gruppo locale ha festeggiato il 13º anniversario. «Frequentando il gruppo - riconosce Matteo - ho recuperato famiglia, lavoro e amici. È una crescita spirituale, un programma continuo ed ininterrotto. Non esiste un alcolista che guarisce, è una malattia spirituale, che ci porta a bere. Va tenuta allenata la mente. Ogni giorno per noi la vita è un traguardo. Io sono rinato tre anni fa». In una sala della chiesa di Torbiera il gruppo "Pomposa" si riunisce tutti i lunedì e venerdì dalle 20.30 alle 22.30, mentre un’altra sala è stata messa a disposizione del gruppo "Al-Anon" dei familiari, che segue un programma parallelo, perché anche loro devono riprendere in mano la loro vita. L’alcolismo è una malattia democratica, perché come, osserva Matteo «non c’è età, entrano anche ragazzi di 20 anni e abbraccia tutte le fasce sociali e le professioni. Ci sono i giocatori compulsivi, mentre la nostra malattia ci porta a bere». Ospiti del pomeriggio a Torbiera anche i sindaci Sabina Alice Zanardi e Gianni Michele Padovani, quest’ultimo anche in veste di presidente della Provincia, l’ispettore capo Francesco Zanfardino, comandante della Polstrada di Codigoro, e don Raymond. «Ho ascoltato la loro esperienza di vita - ha etto Zanardi -, ci sono persone che arrivano anche da altri paesi e città e ciascuno di loro qui ha trovato una speranza, affrontando un percorso, che non avrebbero mai creduto che fosse possibile intraprendere. L’auto-mutuo-aiuto è la loro forza e riescono anche a dare forza ad altri». Ogni nome riportato in questo articolo è di fantasia, per tutelare le persone coinvolte.