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Aggrappàti a Buonacompra, il paese che non “muore”

Pietro Gavioli
Aggrappàti a Buonacompra, il paese che non “muore”

Altri centri si spopolano, qui restano i negozi. Ed è già un caso

22 maggio 2024
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Buonacompra Certo, non è più come qualche decennio fa quando anche questo territorio era punteggiato da tante botteghe: il calo è stato drastico e ancora ci sono serrande che restano abbassate per sempre. Pure Buonacompra ha dovuto lasciare sul campo diverse vittime.

«Fino a poco tempo fa – ricorda Liviana Antonioni, la barista “memoria” del paese –, oltre al mio locale in questa zona ne funzionavano altri cinque; ora siamo rimasti in due, però fin che la salute regge tengo botta». Di rimando le sorelle Antolini, che poco distante gestiscono uno storico forno, recentemente premiato da Ascom per il servizio che svolge in favore della comunità, confermano che «altri negozi non ci sono più, ma noi non abbiamo nessuna intenzione di mollare, poiché oltre agli affezionati clienti del posto, si ferma anche gente di passaggio».

In effetti, Buonacompra è un caso particolare di resistenza difficilmente riscontrabile in altre frazioni non solo della provincia di Ferrara. Da anni ormai, quasi fosse un bollettino di guerra, la Confesercenti comunica che in tutte le regioni si registra la continua chiusura di migliaia di negozi, oltre 10mila nell’ultimo decennio, e non se la passano certamente meglio le imprese. Le cause maggiori di questo stato di cose sono note: la denatalità, il rallentamento dei consumi, la grande distribuzione e il web. La situazione è ancora più critica per i piccoli paesi che, mancando quelli che un tempo venivano chiamati negozi di vicinato, si vedono privati di servizi essenziali che li rendevano autonomi per la vita di tutti i giorni e le relazioni sociali. Tutto ciò non è successo a Buonacompra, un vivace paese di 390 residenti che punteggia per un breve tratto i due lati della via Bondenese. In questa località sono ancora presenti, come tanti anni fa, attività commerciali essenziali, di estrema utilità e comodità per non doversi recare in centri maggiori. Altrettanto non si può dire della maggior parte di paesi e comunità di dimensioni ben maggiori. Talvolta qualcuno lamenta che le cose potrebbero andare meglio, ma Buonacompra al riguardo fa pensare al politico e diplomatico francese Talleyrand, quando un paio di secoli fa proferiva che «quando mi considero resto perplesso, quando mi confronto mi esalto». Di fatto qui c’è tutto il necessario: un’edicola e un bar con tanto di caffè a un euro e nel medesimo piazzale l’unico distributore di carburanti presente lungo la strada che congiunge Cento con Bondeno. C’è un locale pubblico con tabacchi e articoli di monopolio di Stato, un forno con alimentari fra i più longevi del territorio, un fornitissimo bazar che soddisfa ogni richiesta, una parrucchiera, una banca “fisica” con alcuni impiegati e con sportello per consulto assicurativo, un punto per la raccolta della posta, una parrucchiera e la farmacia. Ma anche un’impresa di imballaggi che dà lavoro a 30 dipendenti, aziende di servizio all’agricoltura, imprese di impiantistica e della lavorazione plastica. E poi, ancora, un laboratorio grafico, una falegnameria e una storica cooperativa di trasporti nata oltre mezzo secolo fa. In fondo, anche se il terremoto ha lasciato ferite profonde, come è evidente per la chiesa, non è il caso di lamentarsi troppo.

L’intervento Adriano Facchini, noto esperto di marketing e comunicazione che le problematiche sociali del territorio le conosce a fondo, è convinto che il modello Buonacompra sia un esempio da imitare: «Perché – dice – i piccoli paesi, se si tengono aperti alcuni servizi, potrebbero essere una soluzione a molti problemi della società presente e futura». La crisi delle attività commerciali ha profonde radici, spiega Facchini. «Come negli anni Sessanta e Settanta l’esodo dalle nostre zone, che ha ridotto la popolazione dei piccoli centri. E poi dagli anni ’90 la denatalità. A togliere i servizi e di conseguenza la socialità ha poi contribuito la grande distribuzione, che oltre alla politica dei prezzi bassi ha spostato i propri punti vendita anche fuori dei centri urbani. Si è smarrito, dietro lo slogan “Convenienza”, la differenza tra prezzo e valore».

Facchini prosegue nelle sue considerazioni ricordando che nel 2019 (5 e 6 dicembre) ha provocatoriamente portato una rappresentanza di quindici localisti a Bruxelles proponendo in due incontri (alla stampa europea prima e a una piccola delegazione del Parlamento Europeo poi) la sua idea di agopunture locali come terapia per il recupero della socialità ed un diverso rapporto con l’ambiente. «Ferrara ha oltre un quarto della sua popolazione che è anziana, molta parte della quale in ottime condizioni e che potrebbe essere di estrema utilità per le nuove generazioni rimettendo al centro la persona. Prima che l’Intelligenza Artificiale in mano a pochi abbia potuto compiere il disastro. Per questo – conclude Facchini –, virtuose realtà come Buonacompra sono veri e propri laboratori per recuperare quella coesione sociale che con il benessere individualistico si è persa». Un approccio nuovo di tessitura sociale e di quella che anni fa ebbe a definire “agopunture locali” allargabili alle città come agopunture urbane».