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Cento, uniti contro i bulli

Davide Bonesi
Cento, uniti contro i bulli

Sperimentazione del Comune: coinvolti tutti gli enti: «L’obiettivo è riuscire a non far fuggire il bullizzato»

14 giugno 2024
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Cento Un nuovo progetto è stato presentato durante l’ultima riunione del gruppo tecnico di lavoro del Protocollo d’intesa per la prevenzione ai fenomeni del bullismo e della devianza giovanile. In relazione a Cento, si è parlato del progetto sperimentale del Comune, che individua una flow chart (letteralmente diagramma di flusso) per coordinare le azioni per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del bullismo e delle devianze giovanili. In sintesi, a Cento si coinvolgono tutte le forze in campo per provare a trovare una soluzione pratica a questi problemi e alla fine del prossimo anno scolastico si traccerà un bilancio, sempre coinvolgendo la Prefettura, così da esportarlo in altri Comuni del Ferrarese.
A presiedere il tavolo centese è l’assessore alla Polizia locale e alla Sicurezza Mario Pedaci: «Abbiamo iniziato dal nostro insediamento - ci spiega - a occuparci di questa problematica, la devianza giovanile. Sul territorio vi erano già coinvolti diversi settori pubblici, dalla Polizia locale alle altre forze dell’ordine, la scuola, l’Ausl, i servizi sociali... ma mancava qualcosa, finiva sempre con il bullizzato costretto a cambiare scuola, così si è deciso di partire con nuovo percorso. Questa prima sperimentazione la stiamo finanziando con il nostro avanzo di bilancio, perché c’è la ferma volontà di questa amministrazione di occuparsi del problema. Il nuovo regolamento di polizia urbana dà la possibilità di sanzionare con una multa la famiglia del minore che commette atti di bullismo, ma c’è la possibilità di minimizzare la sanzione stessa, se chi detiene la patria potestà del minore si impegna col minore stesso a frequentare attività, che peraltro già esistono. Altra cosa nota a chi osserva questo fenomeno è che chi partecipa a tali attività ha già le sensibilità necessarie, ma chi questi problemi li causa o ne è associato latita».
I passi compiuti sono stati quelli di creare il tavolo di lavoro durato diversi mesi, coinvolgendo gli attori istituzionali già presenti e come novità il terzo settore specializzato. «Perché si è notato che i singoli casi venivano spesso trattati in modo indipendente da ogni singolo servizio, scoprendo alla fine che vi erano più relazioni sullo stesso soggetto. Si è così pensato a creare una flow chart condivisa, coinvolgendo il Centro per le famiglie e gli enti coinvolti. Ovviamente, se l’atto commesso è da reato penale ci fermiamo e il percorso viene portato avanti dall’attività giudiziaria. Ma comunque noi ci concentreremo in quella zona, trasmettendo tutto al tavolo del bullismo e dunque al Centro per le famiglie, così da analizzare la situazione e attivare il terzo settore, il quale farà attività di valutazione, anche in modo impersonale, arrivando ai soggetti coinvolti fino a creare punti di incontro per questi ragazzi, necessariamente in ambito scolastico. In queste situazioni il messaggio che deve passare è che esiste una via diversa per reagire a questo disagio e, nel frattempo se ci fosse necessità i singoli servizi si coordineranno – sempre al tavolo – per prendere una decisione mirata e capire chi se ne deve occupare».
Ma l’obiettivo era non far cambiare scuola al bullizzato: «Dobbiamo riuscire a “smontare” il bullo, a far sì che torni a essere una persona civile, ottenendo un effetto a raggiera, perché chi è bullo oggi farà presumibilmente violenza da adulto in famiglia, quindi l’effetto lo cerchiamo di avere più ampio. Se riusciamo a fermare il bullismo, il bullizzato non sentirà più la necessità di fuggire da quell’ambiente, capisce che c’è una società civile pronta da aiutarlo, c’è un vero senso di comunità. È una sperimentazione: speriamo dia risultati e poi servire ad altri». l

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