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Ferrara e la povertà nascosta. «Viviamo qui senza alternative»: parlano gli abusivi di via Scalambra

Stefania Andreotti
Ferrara e la povertà nascosta. «Viviamo qui senza alternative»: parlano gli abusivi di via Scalambra

Viaggio nei palazzoni abbandonati, tra furti, spaccio, prostituzione e degrado La disperazione degli occupanti si mescola con l’esasperazione dei residenti: «Il Comune non ha fatto nulla»

25 giugno 2024
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Ferrara Escono dall’edificio mano nella mano, seguiti dai miagolii del loro gatto Anacleto. Sono giovani e innamorati, lei aspetta un figlio. Se si estrapola questa immagine dal contesto, sembra tutto perfetto. Ma allargando la scena scopriamo di trovarci in uno dei contesti più degradati della città, tra l’Agenzia delle Entrate e il canale Boicelli, in quel quartiere per metà costruito e per metà abbandonato, più volte al centro della cronaca e della politica. Senza che sia cambiato nulla, anzi. La coppia vive in uno dei nove scheletri di palazzoni, oggi all’asta, che dal 2010 sono lì, incompiuti, uno appartiene a una ditta fallita, gli altri sono dell’immobiliare bresciana B.S. Invest. Dentro ci vivono diverse persone, prevalente mente giovani italiani e qualche straniero. Uomini e donne ai margini, che non hanno saputo far fronte alle difficoltà della vita e hanno perso prima il lavoro, poi la casa, infine la speranza.

«Vivo qui da due anni - racconta il ragazzo - lei una casa ce l’ha, ma viene qui per stare con me. Siamo entrambi di Ferrara, questo posto fa schifo, ma al momento non ho alternative. Ho trascorso qui anche l’inverno, non è stato facile. Se avessi un’alternativa me ne andrei, ma adesso non so che altro fare».

Le attività prevalenti di cui si trovano tracce fuori e dentro gli edifici sono spaccio e consumo di sostanze, prostituzione e traffico di bici rubate.

Di giorno la situazione si calma un po’, ma verso sera inizia un intenso via vai di persone che sfilano tra via Scalambra e via Maffi per sparire oltre la recinzione del cantiere e lungo la ferrovia, le due vie di accesso al complesso di edifici abbandonati.

La coppia viene raggiunta da Anacleto che trotterella facendo lo slalom tra pozzanghere putride, sterpi, ed enormi buche.

«Anche lui ha fame - prosegue il ragazzo - l’ho adottato perché era randagio come me, adesso dormiamo sempre assieme, ci facciamo compagnia, stiamo andando a cercare qualcosa da mangiare anche per lui».

«È diventato amico della gatta dei vicini, quella del piano terra - spiega la ragazza, riferendosi al complesso di case poco lontano, l’unico ultimato e regolarmente abitato - giocano sempre assieme, una volta si è persa e ho aiutato a cercarla».

La situazione di illegalità non ha impedito che felini e umani stringessero rapporti.

«Noi qui cerchiamo di non dare fastidio a nessuno, non abbiamo mai rotto o danneggiato nulla, stiamo solo occupando un posto vuoto perché ne abbiamo bisogno, a volte ci offrono anche da mangiare».

Sopraggiunge un giovane che abita nel caseggiato di via Maffi e cerca il suo cane, che, come tanti animali e umani, si è smarrito tra queste strade desolate.

«Non ce l’abbiamo con voi - dice rivolgendosi alla coppia - ma con l’amministrazione che non è stata capace di risolvere questa situazione. Noi qui siamo completamente abbandonati, non sembriamo nemmeno parte della città. Per chi arriva dal centro questa situazione è inimmaginabile. Negli anni sono stati fatti ripetuti blitz delle forze dell’ordine, ma nessuno risolutivo. Bisognerebbe trovare soluzioni alternative per queste persone e una destinazione a questi edifici oppure abbatterli, come con l’ex Palazzo degli Specchi».

Al netto dell’effettivo degrado, la zona mostra il suo potenziale, circondata dal verde, a due passi dalla stazione e poco più dal centro. Proprio per questo, tra i vari spiragli risolutivi c’era stato anche l’interessamento dell’Università per realizzare aule studio e appartamenti, destinati ad accogliere gli studenti di Ingegneria.

«Quando abbiamo acquistato qui c’erano le migliori premesse, sembrava un luogo in via di sviluppo, poi tutto è precipitato. Ho pagato il mio appartamento 175mila euro e ora ne vale 115mila: si è svalutato per colpa di questa situazione. Inoltre tutti i servizi sono lontani, manca una stazione dell’autobus, e il supermercato più vicino di domenica è chiuso. Anche questo contribuisce al degrado».

Intanto il cane non si trova, però da un immobile esce un altro ragazzo.

«Vengo dal Nordafrica, adesso vivo qui, perché non sono riuscito a trovare una casa, né qualcuno che potesse aiutarmi». Non ha troppa voglia di parlare, né forse la dovuta lucidità per farlo e si allontana.

«Avevano detto che avrebbero costruito un supermercato nell’area antistante via Scalambra - prosegue il giovane residente, che ormai ha abbandonato la ricerca del cane per proseguire il racconto sul quartiere - questo sarebbe stato un servizio utile, ma ha anche disincentivato dal voler venire a vivere qui, comunque anche di quello non si è più niente. Poi qui c’è anche il tema del terreno inquinato da metalli pesanti e idrocarburi: si è parlato di contaminazione di Cvm nella falda. Insomma dovremmo avere tutto l’aiuto possibile da parte del Comune invece nessuno si sta interessando a questa situazione. Come condominio abbiamo anche pagato questo piccolo parco giochi poi ce lo hanno fatto chiudere perché non a norma. Ora lo abbiamo potuto riaprire, ma vengono a tagliare l’erba solo una volta all’anno e adesso è impraticabile».

E mentre viene il dubbio che il cane sia finito lì fra l’erba alta, il flusso di chi esce dai palazzoni abbandonati si mescola a chi esce di casa per andare al lavoro e sembra quasi la vita di un normale quartiere. Sembra. Perché in realtà un abisso di disagio separa le vite di chi abita a poche decine di metri di distanza. In un limbo che dura da quasi quindici anni, dove la disperazione è fuoriuscita dai blocchi di cemento a vista per permeare tutto e tutti, rendendo insopportabile la vita di chi lì ha investito per realizzare un sogno, ma anche di chi quel sogno lo ha smarrito.

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