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Una tartufaia a Sant’Agostino: "L’attesa è stata ricompensata”

Georges Savignac
Una tartufaia a Sant’Agostino: "L’attesa è stata ricompensata”

La famiglia Baroni e la passione per il tartufo

10 luglio 2024
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Sant’Agostino C’è una grande ricchezza nel sottosuolo di Terre del Reno, rappresentata da una materia prima pregiatissima: il tartufo. Ma se per trovarne anche soli pochi grammi bisogna conoscere le zone di crescita ed essere esperti cavatori, c’è chi, come la famiglia Baroni, ha deciso di coltivarlo. Papà Gianpaolo e il figlio Riccardo (che ha partecipato ad un tirocinio nelle Marche sulla raccolta dei tartufi), gestori dell’azienda agricola Baroni, appassionati da sempre del tartufo in tutte le sue forme, hanno acquistato circa due ettari di campo, a ridosso del bosco della Panfilia, trasformandola in una tartufaia. Un investimento economico non indifferente, che ha richiesto lavoro e passione, ma che sta dando i suoi frutti.«Nel 2015 abbiamo acquistato il terreno - dice Riccardo -, piantando gli alberi giusti per la coltivazione del tartufo: querce, noccioli e carpini neri. Da allora sono passati circa cinque anni prima di vedere i primi risultati e procedere con la raccolta, ma ora la produzione va a gonfie vele».

Da quel che racconta Baroni, è stato un rischio: «Tutti ci dicevano che era quasi impossibile che dei tartufi potessero nascere su questi terreni, ma abbiamo ascoltato il nostro istinto e abbiamo avuto ragione; nonostante il clima non proprio favorevole, il suo cambiamento sembra stia mutando le cose. Una temperatura più calda, unita a terreni umidi, è il massimo per questo prodotto». Perfino la grandinata eccezionale dell’anno scorso sembra aver aiutato, poiché ha rilasciato sul terreno acqua in maniera continua, senza comprometterlo; sono nati così tartufi neri di ogni tipo, come lo Scorzone, il Bianchetto e il nero pregiato. Tutti vengono poi rivenduti ai commercianti o ai ristoratori del territorio, che non vedono l’ora di mettere le mani su un’eccellenza gastronomica così ricercata. Ma per la famiglia Baroni non si tratta di un semplice business, è un modo per stare insieme, come racconta ancora Riccardo: «Ogni volta che abbiamo del tempo libero, veniamo qui a fare una passeggiata e nel frattempo dal terreno ricaviamo i tartufi, che in maggior parte rivendiamo, ma la rimanenza finisce sulla nostra tavola. Il relax e la pace che si respira sotto questi alberi non vale più del tartufo stesso».

Inoltre, scherzando, Riccardo suggerisce che sia un passatempo anche per il padre Gianpaolo che, da grande lavoratore quale è, soffriva la noia della pensione. C’è anche qualcun altro che condivide con loro la passione del tartufo: infatti Gianpaolo, Riccardo e la compagna Morena, da buoni cavatori, escono sempre accompagnati dai loro tre cani dal fiuto infallibile: «Sono tre cani della razza Lagotto romagnolo, perfetti cavatori, che in pochi mesi, sono diventati dei cecchini in quanto a tartufo; se ne vedo qualcuno, che i cani non hanno indicato, non lo raccolgo, poiché significa che non è ancora maturo al punto giusto e loro non sbagliano mai. L’unico neo - aggiunge Riccardo - è che bisogna essere più veloci di loro a scavare, se no non ne avanza per nessuno!». lGeorges Savignac