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Ferrara, la lenta agonia dei panifici: ricambio minimo e troppe spese

Margherita Goberti
Ferrara, la lenta agonia dei panifici: ricambio minimo e troppe spese

Il fornaio Partigiani: «I giovani non sono motivati a fare questo lavoro». In vent’anni il numero di panetterie nella nostra provincia si è dimezzato

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Ferrara Alessandro Partigiani già presidente Provinciale di Assopanificatori Confesercenti, oggi vice presidente nazionale e vice presidente vicario di Fiesa Assopanificatori Confesercenti Nazionale, è titolare con il fratello di un forno panetteria a Pontelagoscuro, proseguendo così l’attività di famiglia avviata prima dal nonno Rino nel 1960 e poi continuata dal padre Mario.

È quindi un imprenditore ferrarese che ricopre cariche importanti ai vertici del sindacato nazionale dei fornai e che per questo è la persona giusta per fare il punto sulla situazione generale della categoria in sofferenza.

«Le attività della tradizione artigianale della panificazione – ha dichiarato – stanno vivendo un periodo di difficoltà rappresentato dai notevoli aumenti delle materie prime, del costo dell’energia, di un’elevata pressione fiscale ma soprattutto della enorme difficoltà che incontriamo nel reperire personale. Se io bene o male continuo a guadagnarci, poiché ho ampliato le mie proposte affiancando al pane, la pasticceria e quelle eccellenze come la tenerina, i mandurlin dal Pont, il pasticcio ferrarese che fanno parte del Deco e il catering, chi invece ne risente principalmente è il nostro cliente che comunque ha compreso la situazione e non ci ha abbandonato poiché noi abbiamo mantenuta la qualità del prodotto».

Quello che preoccupa, continua, è la mancanza assoluta di manodopera: «Il nostro lavoro non solo non è mai stato valorizzato ma non è neppure stato presentato in un aspetto accattivante per cui un ragazzo non è assolutamente motivato e guarda alle sei giornate lavorative con il venerdì con doppio lavoro, per un totale di 40 ore settimanali e uno stipendio di 1.600 euro mensili». Partigiani lamenta una realtà negativa non nuova ma che si sta accentuando sempre più poiché non c’è ricambio generazionale, proponendo come soluzione la presentazione di Bandi regionali con la possibilità di organizzare corsi professionali per attirare personale anche non solo giovane.

«Nel nostro negozio – prosegue anche parlando a nome del fratello con il quale condivide l’attività – siamo complessivamente in sette; sono affiancato da un fornaio che ha la mia stessa età, 59 anni, e che quando andrà in pensione mi lascerà da solo ad affrontare troppi problemi e non ce la farò. Per questo ho bisogno di trovare fin d’ora nuove forze lavorative. Però se guardo alla situazione della nostra provincia allora sono seriamente preoccupato perché nel 2004 c’erano nella nostra realtà ferrarese 186 aziende e produttori di pane, oggi ce ne sono la metà. Un esempio Francolino aveva ben 4 forni da dieci anni non ce n’è più neppure uno ma solo una rivendita. Questo dimostra che il nostro mestiere sta spegnendosi nonostante la passione di molti. Dovrebbe almeno essere riconosciuto come professione usurante, avere un Albo dei maestri panificatori, insomma essere più attrattivo. Infine abbiamo un ultimo problema, che per ora è il minore ma poi con il tempo potrebbe rappresentare un ulteriore ostacolo: il pane precotto. In Italia ci sono produttori seri che guardano alla qualità, ma quello che si trova nei supermercati spesso arriva da nazioni come la Romania e la Polonia dove le leggi di produzione sono diverse dalle nostre e sinceramente non si sa cosa ci sia dentro».