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Ferrara: turni adattati, clima, pause libere. Così si resiste lavorando a 40°

Stefano Ciervo
Ferrara: turni adattati, clima, pause libere. Così si resiste lavorando a 40°

Le temperature torride sono una minaccia per braccianti, muratori e cuochi. Nei campi pomeriggi “vietati” e bottigliette. «In cantiere servono subito regole»

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Ferrara Lavorare a 40°; anche oltre 45° nel caso di chi passa ore sotto il sole diretto, oppure in mezzo ai fumi e ai fuochi di una cucina. In questi giorni “africani” in un territorio come il Ferrarese, costantemente citato per i record di caldo e afa, c’è comunque chi sta peggio di tutti: sono appunto i lavoratori impegnati nelle campagne di raccolta, i muratori che stanno sui ponteggi arroventati magari in centro dove non è nemmeno possibile cominciare prima alla mattina, perché si disturba; i cuochi e gli aiuti, a diretto contatto con i piani di cottura che moltiplicano l’effetto miniera di zolfo. Non è il primo anno che l’emergenza caldo li minaccia, e qualche correttivo c’è chi lo sta mettendo in campo, in vista anche della settimana dell’anticiclone Caronte che preannuncia temperature ancora più estreme.

Tra i campi Non è un caso che sia questo il periodo scelto da Flai Cgil per i propri tour nelle campagne ferrarese a distribuire volantini contro i colpi di calore, bottigliette d’acqua e sguardi sulle condizioni nelle quali si trovano a lavorare i braccianti, gran parte dei quali stranieri. «La scorsa settimana abbiamo svolto diverse uscite, soprattutto nella direttrice da via Comacchio verso il Basso Ferrarese, con il nostro furgone riempito con 5-600 bottigliette d’acqua e secchi di ghiaccio - racconta il segretario Dario Alba - Notizie di colpi di calore ne abbiamo avute poche (una nel Mesolano) e forse sui comportamenti delle aziende ha inciso la tragedia del mese scorso a Portoverrara (auto con braccianti pachistani fuori strada, ndr): fatto sta che soprattutto nelle grandi aziende come Mazzoni o Salvi è stato introdotto il turno 6-14, evitando quindi di lavorare nelle ore più calde. In un paio di aziende più piccole abbiamo ancora trovato il doppio turno, e alle 16 c’era ancora gente al lavoro a temperature estreme. Nelle serre si evita ormai di lavorare dopo le 12. In giro abbiamo visto anche qualche trattore cabinato senz’aria condizionata, diventa difficile starci sopra in queste condizioni».

I volantini elencano i sintomi premonitori dei colpi di calore (irritabilità e confusione all’inizio, vertigini e vomito con l’aggravamento), le poche misure per evitarlo e i diritti sul tema dei lavoratori: tra gli altri, turni adattati e possibilità da parte delle imprese di richiedere all’Inps la Cassa integrazione ordinaria quando il termometro supera i 35°.

Sulle impalcature Questo tema è tra l’altro d’attualità anche tra gli addetti dell’edilizia. «L’anno scorso ci risulta che solo un’azienda ferrarese abbia chiesto la Cig per calore - ricorda Fausto Chiarioni (Fillea Cgil) - Intendiamo riproporre la questione, tenendo conto del volere dei lavoratori. Ma il problema calore sui cantieri, viste anche le previsioni per le prossime settimane, va affrontato subito con un intervento della Regione o dei Comuni. Servono insomma regole, come è successo in Sicilia, che indichino le condizioni per fermare i cantieri».

Paolo Martinelli, già presidente dei costruttori edili ferraresi, nei sui cantieri si sta regolando in questa maniera: «Non imponiamo pause pre-determinate nelle ore più calde, perché le condizioni di lavoro e la stessa sensibilità degli addetti sono diverse. Chiediamo però ai lavoratori si fermarsi in ogni momento che ne sentano le necessità, senza bisogno di autorizzazioni, oltre a utilizzare i distributori d’acqua presenti in ogni cantiere. Chi sta sulle impalcature ed è più esposto a colpi di calore, chi maneggia l’acciaio per il cemento armato, gli artigiani nei cantieri, sono casi cui prestare particolare attenzione». Anticipare gli orari di lavoro si scontra, oltre che con i problemi di quiete pubblica nel centro storico, anche con la residenza degli addetti, molto spesso lontano dalla sede del cantiere.

In cucina Matteo Musacci, referente dei ristoratori Fipe, è ben consapevole «delle difficili condizioni in cui si lavora in queste settimane: in locali del centro storico sottoposti a vincoli senza climatizzazione si raggiungono 45°-46°, e non ci sono che gli strofinacci bagnati d’acqua per rinfrescarsi davanti ai fornelli».

In locali ospitati in strutture più moderne si trovano condizioni migliori: è il caso del Clandestino e del Salamanca, locali gemelli di via Ragno, nei quali il titolare Luca Bolognesi, 45 anni, ha potuto installare «ventilazione meccanica, che garantisce il ricambio d’aria, sia nella parte cliente che in cucina; inoltre tutti e due i locali sono climatizzati». Le temperature sono meno “infernali” anche per l’assenza di fiamma viva, le piastre hanno un impatto minore. Inoltre i venti addetti dei due locali sono organizzati «su una settimana lavorativa di cinque serate di otto ore invece che sei - aggiunge Bolognesi - e le due giornate di riposo aiutano». A “cuocere” di meno anche in queste settimane, e a dare più libertà a personale dall’età media inferiore a 25 anni. 



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