La Nuova Ferrara

Ferrara

L'inchiesta

Ferrara, truffa milionaria con il “bonus facciate”

Ferrara, truffa milionaria con il “bonus facciate”

Crediti fantasma per quasi 8 milioni di euro. Cinque persone rischiano il processo

20 agosto 2024
2 MINUTI DI LETTURA





Ferrara Indagini chiuse e ora cinque persone rischiano il processo per una maxi truffa allo Stato e a Poste Italiane, nonché per autoriciclaggio sui crediti d’imposta legati al “bonus facciate”. In mezzo anche un sequestro preventivo milionario.

Da quanto emerso nel corso delle indagini della Guardia di finanza coordinate dal sostituto procuratore Alberto Savino, il sistema era stato messo in piedi da un imprenditore crotonese ma residente e operativo a Novara, un commercialista del Trevigiano, un imprenditore ferrarese e un uomo e una donna titolari di due società ungheresi che sarebbero state usate come lavanderie per far uscire il denaro dal circuito tracciabile.

Nella sostanza, negli anni 2021 e 2022 l’imprenditore novarese tramite un’impresa (poi dichiarata fallita nel febbraio del 2022 e in realtà risultata mai veramente operativa) avrebbe creato dal nulla un credito d’imposta da ben 7,8 milioni di euro, presentando, tramite il commercilista compiancente, all’Agenzia delle Entrate 37 dichiarazioni a nome di altrettante persone fisiche che, in realtà, erano completamente all’oscuro di tutto, per lavori relativi al “bonus facciate” mai eseguiti, come appurato dai sopralluoghi effettuati dalla Gdf.

Di questi 7,8 milioni di crediti creati dal nulla, 3,3 milioni li avrebbe ceduti (apparentemente a costo zero) a un imprenditore ferrarese, titolare di due aziende che a sua volta ne avrebbe scontato quasi la metà alle Poste di Ferrara, trasformando 1,5 milioni di euro di crediti fantasma in soldi reali, venduti in tre tranche da 500mila euro ciascuna al prezzo di 415mila euro. Rimangono fuori 1,8 milioni di euro di crediti che però l’imprenditore ferrarese non aveva mosso. Lo stesso avrebbe così avuto disponibilità liquide per 1,2 milioni di euro che avrebbe dirottato in Ungheria, sui conti di due società gestite rispettivamente da un italiano residente a Bassano del Grappa e da una donna ungherese, anche lei residente nella cittadina veneta. Queste due società, secondo la tesi investigativa, sarebbero state delle lavanderie: una volta finite nei conti esteri, di quel denaro si è persa traccia, ma che probabilmente era pronto a rientrare per altri canali (sempre che non lo abbia già fatto). Qui infatti risiederebbe il motivo per il quale l’imprenditore ferrarese avrebbe acquisito i 3,3 milioni di euro di crediti d’imposta senza sborsare un euro all’imprenditore che glieli ha ceduti: sotto vi era un accordo per distribuirsi il profitto della truffa.

Euro veri, e tanti, creati dal nulla. l

D.O.

© RIPRODUZIONE RISERVATA