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L’intervista

«Gli Usa, il Paese delle libertà dove è in gioco la democrazia»

«Gli Usa, il Paese delle libertà dove è in gioco la democrazia»

Laura Zanotti, docente ferrarese del Virginia Tech, racconta le elezioni americane. E poi l’inflazione, la Cina, l’Italia. «Ferrara? Città di cultura ma meno vivace di un tempo»

29 agosto 2024
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Ferrara Laura Zanotti è docente di Scienze politiche al Virginia Tech, università degli Stati Uniti. Ferrarese, da molti anni risiede oltre oceano. La carriera accademica è stata preceduta dal lavoro, sia nell’amministrazione che come funzionario politico, in operazioni di peace keeping per le Nazioni Unite. Per l’Onu ha svolto l’incarico di vicecapo dell'Ufficio di collegamento delle Nazioni Unite a Zagabria. La sua attività di ricerca (è autrice di numerose pubblicazioni scientifiche) include teoria politica internazionale e l’analisi del ruolo dell’Onu e delle Ong nella governance delle fasi successive ai conflitti militari.

La campagna elettorale negli Usa è uno degli argomenti trattati costantemente nei titoli dei Tg, sulla stampa e nelle pubblicazioni dedicate a temi incentrati sulla politica estera, non solo in Italia. Sono elezioni che sembrano avere un peso diverso da altre del passato. È una percezione condivisa anche dall’altra parte dell’Atlantico?

Torno in Italia e a Ferrara quasi tutti gli anni per qualche settimana. In Europa la situazione politica negli Usa viene descritta come estremamente polarizzata. Ed è così. La campagna elettorale ha già regalato grandi colpi di scena, Biden si è ritirato e ha lasciato campo libero nel Partito democratico a Kamala Harris, che sta sollevando temi molto divisivi, non solo negli Stati Uniti, come la difesa del diritto all’aborto, più in generale i diritti delle donne, l’immigrazione, la distribuzione della ricchezza anche ai ceti più deboli. Come in Europa l’approccio populista, proposto da personalità forti e carismatiche, che promettono la soluzione di tutti i problemi puntando sull’esclusione di fasce della popolazione piuttosto che affrontare questioni concrete, funziona. Così si incoraggiano anche le divisioni razziali, una piaga per la nostra società.

In effetti si ha l’impressione che molti pregiudizi, contro le persone di colore ad esempio, già presenti nella società americana degli anni ’50 e ’60, siano ancora diffusi e radicati.

Purtroppo è vero, ma forse è meglio risalire agli anni ’60 del XIX secolo per spiegare certe divisioni (l’atto che abolì la schiavitù fu emanato nel 1865, ndr). La popolazione di colore ha contribuito attivamente e in modo importante a creare la ricchezza di questo Paese e una parte è stata anche capitalizzata nei Paesi europei. Ma ancora oggi le disuguaglianze nella società sono forti e ben visibili. Dopo l’assassinio di Floyd da parte della polizia è nato un movimento forte, Black Lives Matter, ma si è anche rafforzata la voce di chi si riconosce nelle posizioni degli evangelici radicali, una presenza forte nella società americana, “bianca” e molto sensibile alla retorica di chi propone odio e rabbia sociale. Trump ha intercettato questi elettori. Alcuni di questi gruppi sperano che si stia avvicinando la fine del mondo e credono che Trump, aprendo l’ambasciata americana a Gerusalemme, abbia confermato che questa scadenza è prossima. In questi settori della società si ritiene che le donne debbano stare a casa a fare figli, le donne single e senza figli sono definite “gattare”. La Corte Suprema, intanto, ha sposato posizioni estreme avallando l’abolizione dell’aborto in alcuni Stati.

Cosa è cambiato con l’entrata in campo di Kamala Harris?

Ha suscitato molto entusiasmo nel Partito Democratico e anche nei giovani, che fino alla svolta erano poco impegnati e coinvolti. Trump porta avanti il suo pensiero e una narrazione che “glorifica” il mito americano dell’uomo fatto da sè, ma in realtà difende gli interessi dei ceti più abbienti mentre lui stesso è stato condannato (la sentenza con la pena però non è stata ancora emessa) per frode fiscale.

Questa divisione “politica” fra le grandi città (orientate a sinistra) e la parte rurale del Paese (più vicina a Trump) rende il voto meno fluido. L’esito sembra legato all’oscillazione di piccole parti dell’elettorato.

Le grandi città della Virginia votano democratico, ma basta spostarsi a volte di pochi km, verso le zone meno urbanizzate, e lì prevale Trump. Il meccanismo elettorale, inoltre, può condizionare l’esito “reale” della consultazione. Difficile fare previsioni.

Come è possibile che in un Paese tra i più avanzati dell’occidente si diffondano teorie complottiste basate su notizie palesemente false, senza possibili agganci con la realtà?

Qui è un po’tutto mescolato, il meglio e il peggio. Le visioni del mondo e della vita ma anche la concezione dei diritti da tutelare: su questi temi si è creata una profonda divaricazione nella società. Il sovranismo è presente ormai dappertutto, non solo in America, ed esaspera queste tendenze.

Perché vota per Trump anche una parte dell’elettorato femminile?

È il lascito del patriarcato, chi ne è vittima e lo ha accettato può trasmettere questa concezione del rapporto fra generi anche ai figli.

Cosa succede se vince Trump?

C’è molta preoccupazione in molti settori della popolazione dopo che ha dichiarato che se non vincerà ci sarà “un bagno di sangue”. L’America è armata e Trump lo sa. Il 6 gennaio del 2021 abbiamo assistito all’assalto al Campidoglio. Trump usa molti strumenti della propaganda di destra: la retorica dell’uomo forte e il vittimismo. La vittoria di Harris darebbe un messaggio di resilienza delle istituzioni.

Ma è vero che se vince Trump gli Usa si ritireranno dalla Nato?

Non può farlo come scelta del presidente, deve passare per il Congresso.

Quanto conta l’inflazione nella competizione elettorale?

Conta. L’obiettivo è il 2% e i tassi di inflazione si stanno avvicinando. Ciò non toglie che fare la spesa sia diventato molto dispendioso. L’elettricità, le bollette incidono molto sul reddito delle classi meno abbienti. Questo genera incertezza e rabbia. Qui con 35 euro mangi un hamburger e poco altro, un peperone costa un dollaro.

Cina e Russia sono ormai antagonisti degli Usa nella politica internazionale.

Sono stata in Cina per un paio di settimane, questa estate. Facevo parte di un gruppo di studiosi americani ed europei. Siamo stati invitati e non ho mai notato segni di ostilità, Shanghai è una megalopoli ma l’ho trovata pulita e ordinata, solo un paio di volte ho visto persone che potevano essere homeless. C’è molto controllo, quando sali in metrò e quando scendi lo fai passando un biglietto collegato al tuo documento di identità. È un modello piuttosto lontano dal nostro, alternativo per certi aspetti. In ogni caso mi sembra di aver percepito che il senso di comunità e di lealtà alle istituzioni sia piuttosto spiccato in Cina. Negli Usa l’eroe è l’individuo ma entrambi i Paesi mostrano un grande attaccamento alla bandiera.

Dagli Usa come si vede l’Italia?

La vedo cambiata, etnicamente più mescolata, più cosmopolita ma per certi versi anche più intollerante. È un Paese che vincola troppo l’iniziativa delle persone, con leggi e regole mutevoli e difficili da navigare. Ho provato a fare il 110%, alla fine ho dovuto rinunciare.

E Ferrara?

Era e resta una città di cultura. Ma sotto alcuni aspetti si è indebolita, la piazza viene sottratta a cittadini e turisti per settimane o mesi, è eccessivo. E le mostre sono meno attrattive di un tempo. Però ho notato qualche strada e marciapiede sistemati.

E le armi personali, qualcuno riuscirà a metterle al bando?

I democratici ora propongono controlli preliminari rispetto all’acquisto, ma la lobby Nra è potente e i Repubblicani rivendicano il diritto di difendersi basato sul secondo emendamento della Costituzione. Nel 2007 proprio dentro al Virginia Tech fu commesso uno dei più gravi omicidi di massa mai avvenuti negli Usa. Ero in un edificio vicino, ci dovemmo barricare dentro. Non so se le cose davvero cambieranno.  l

Gioele Caccia

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