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Il caso

Cona, forse c’è una casa per la famiglia che vive nel gazebo dell’ospedale

Cona, forse c’è una casa per la famiglia che vive nel gazebo dell’ospedale

Ieri la mamma ha visto una possibile sistemazione. Resta il nodo-residenza

07 settembre 2024
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Ferrara Ci sarebbe una casa disponibile per la famiglia De Vincenzi, da mesi accampati nel gazebo di fronte all’ingresso dell’ospedale di Cona. Un appartamento di edilizia pubblica, dotato di cucina, una sola camera da letto e un bagno in una palazzina che si trova in provincia e che mamma Giuseppina, proprio ieri, verso le 13, con degli accompagnatori, ha visitato, dopo un sopralluogo. Il canone di affitto di quella casa, che non è ammobiliata, sarebbe di 250 euro al mese. Resta il rebus residenza. Non è ancora chiaro se mamma Giuseppina, con i suoi due figli, Daniele e Marco, rispettivamente di 24 e 37 anni, avranno la residenza nel comune di Ferrara oppure nella località della provincia ferrarese dove si trova la casa, grazie ad un accordo che potrebbe essere siglato fra le due amministrazioni comunali che sono coinvolte nella vicenda. Quello che invece sembra essere certo è che il tendone ex Covid verrà smontato entro e non oltre il 15 settembre. E dunque per quella data la famiglia che arriva da San Benedetto Po, località della provincia di Mantova, non avrà più neanche quel "tetto" dove stare.

La casa, inoltre, serve a mamma Giuseppina e ai suoi figli, secondo quanto riferisce la donna, per avere una residenza che è essenziale per poter ricevere la pensione di reversibilità del marito, scomparso lo scorso 5 aprile, proprio all’ospedale di Cona, dopo una grave malattia. Ma anche su questo elemento le visioni sono discordanti. Il marito di Giuseppina, Orazio, percepiva la pensione dopo aver lavorato 40 anni nel Comune di San Benedetto Po. Dal giorno del suo decesso, tuttavia, i tre familiari sono rimasti senza quell’entrata economica perché non hanno una residenza, prerogativa necessaria per avere la reversibilità. Così il loro caso è arrivato all’attenzione del gruppo spontaneo "Un tetto di cuori" che poi, per la questione della residenza, li ha messi in contatto con l’associazione Avvocato di strada coordinata da Raffaele Rinaldi. «Se questa casa andrà bene, servirà poi fare chiarezza su dove poi queste tre persone potranno prendere la residenza - puntualizza Rinaldi - Noi comunque continueremo ad assisterli fino a quando la questione non sarà risolta».