Porto Garibaldi, l’acqua si tinge di verde: «Scaricano i residui delle risaie»
Dalla Bonifica la secca smentita: «Sarebbe impossibile». Ma i molluschicoltori non indietreggiano: «Noi sappiamo da dove provengono»
Porto Garibaldi Non bastavano il granchio blu e la mucillagine a minare il delicato ecosistema delle acque lagunari. Ora a lasciare con il fiato sospeso i molluschicoltori comacchiesi sono alghe di colorazione verde, che stanno tappezzando, a chiazze, la superficie del canale navigabile. «Stiamo notando da giorni queste alghe – spiega Devid Pozzati, presidente della cooperativa Tre Ponti di Comacchio -; riteniamo che provengano, attraverso l’idrovoro del Guagnino, dagli scoli delle campagne e attraverso la pioggia scolata finiscano nel canale navigabile. Nella nostra nursery ora c’è la semina delle vongole e la prossima settimana inizieremo a fare un sondaggio sul fondale». Il Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara, già in altre occasioni ritenuto dai pescatori responsabile di aver scaricato le acque irrigue delle campagne con modalità e tempistiche non idonee, non ci sta ed attraverso il suo presidente Stefano Calderoni, argomenta approfonditamente, le proprie ragioni. «Non abbiamo niente da nascondere – afferma Calderoni -; siamo un ente che fa sempre della trasparenza la propria cifra stilistica. Abbiamo già spiegato più volte ai pescatori, e lo ribadiamo, che in quel tratto lì il Consorzio di bonifica scarica poca acqua. Differentemente da ciò che loro possono immaginare, i nostri impianti di Codigoro, che sono i più potenti e che lavorano con maggiore intensità, servono le risaie, 50mila ettari di terreno, scaricano a Codigoro e quell’acqua lì va a finire nella sacca di Goro».
Chiarimenti
Nella sua puntuale esposizione Calderoni fa notare che partendo da Ferrara, giungendo al mare attraverso il canale navigabile, arrivati a Migliarino, anziché proseguire verso Codigoro, si devia e l’unico impianto che scarica in quella zona è quello di Valle Lepri. Durante la grossa perturbazione di domenica 8 settembre scorso l’impianto di Valle Lepri era sì in funzione, ma solo 1 pompa su 9 scaricava e quindi «scaricava al 10% di quello che è il deflusso del Po di Volano in quel tratto. Le acque del Po di Volano – tiene a puntualizzare Calderoni -, non sono del Consorzio di Bonifica. In più c’è un tubo che passa sotto al Panaro e che arriva al Burana sino al Po di Volano, il quale scarica 40 metri cubi di acqua al secondo. Ma è acqua del modenese e delle Terre di Gonzaga». I pescatori, secondo Calderoni, non sono convinti della fondatezza di spiegazioni già fornite con piantine, dati e documentazione alla mano, ritenendo che la causa della formazione algale con conseguenti episodi anossici sia da attribuire alle risaie di Jolanda di Savoia. «Ma in questo periodo non siamo in stagione irrigua – rimarca Calderoni – e con cartina alla mano abbiamo spiegato che l’acqua di Jolanda di Savoia va su Codigoro e non sul navigabile, perché l’acqua non torna indietro. Non può andare a Migliarino, andando controcorrente fino al navigabile».
In sostanza una sola pompa su 9 dell’impianto di Valle Lepri è stata utilizzata durante la stagione irrigua, ma solo a giorni alterni. «È come avere il motore di una Ferrari e procedere a 10 chilometri all’ora – conclude il presidente -; abbiamo un motore potentissimo, ma non serve perché abbiamo imparato a regolare i flussi idrici». Il minor impiego delle pompe idrauliche comporta un minor dispendio energetico, a vantaggio anche delle bollette dei cittadini. La rete idraulica esistente è stata pensata per le attività di scolo. In caso di pioggia, il Po di Volano esercita anche una funzione idraulica. «Ci sono abitati e terreni che naturalmente, attraverso il Po di Volano scaricano e non attraverso opere di ingegneria idraulica».