Omicidio Bergamini, in Calabria lungomare dedicato a Denis
Giorni cruciali in Calabria. La sorella: «E poi al tribunale chiedo una condanna»
Boccaleone Giorni cruciali e particolari, quelli che attendono Donata Bergamini. La sorella di Denis, calciatore del Cosenza ucciso il 18 novembre 1989 a Roseto Capo Spulico, è partita per la Calabria. Il primo appuntamento è oggi alle 17.30 a Grisolia, in provincia di Cosenza, il cui consiglio comunale ha deciso d’intitolare il lungomare proprio al biondo centrocampista di Boccaleone, morto a 27 anni.
«È una cosa che non mi aspettavo – esordisce Donata, la sorella maggiore –. Ho ricevuto una telefonata, mi è stata spiegata l’intenzione dell’intitolazione e mi hanno chiesto se potevano proporlo in consiglio comunale. Io non li conosco, non conoscevo neppure la località... Ho accettato, mi hanno ringraziato e fatto la proposta al sindaco: tutti lo hanno accettato di buon grado. Mi hanno poi chiesto di essere presente, avrebbero voluto farlo in agosto, ma ho dovuto mettere assieme gli altri impegni a Cosenza. Però sono contenta, perché io e Denis abbiamo vissuto il mare assieme sin da piccoli. Comunque, eccoci qui a fare festa il giorno prima, perché Denis il 18 compie gli anni».
Una frase tipica di Donata, che ad ascoltarla il respiro si ferma, ma il suo rapporto con il fratello è al presente, anche 35 anni dopo che gliel’hanno ammazzato. Dunque, oggi la festa, domani il compleanno e poi si torna in corte d’assise: «Giovedì e venerdì c’è la requisitoria del pm Luca Primicerio, poi il 23 e il 24 l’arringa del mio avvocato Fabio Anselmo, il 26 e il 30 l’arringa dell’avvocato Angelo Pugliese», snocciola Donata, chiudendo con il difensore dell’unica imputata Isabella Internò.
Poi, torna sul compleanno di Denis: «Sono 62, ma questa volta è un po’ diversa dalle altre, per due motivi. Il 18 gli avvocati saranno per strada, mille chilometri, è lunga e sono preoccupata, e questo è l’aspetto negativo. Però, finalmente il 19 inizia la parte finale del processo e il 18 lo vedo un modo per festeggiare con i miei avvocati, che hanno portato avanti questa battaglia con successo: Fabio Anselmo, con Alessandra Pisa e Silvia Galeone. Il loro è stato un lavoro tosto, oltre alla stanchezza mentale, quella fisica: 60 udienze a Cosenza».
Tre anni in corte d’assise, 35 cercando la verità: «Cosa mi aspetto? Una condanna, una pena, sarebbe inaccettabile non ci fosse. Mi fa molto male sapere che ci sarebbe potuto essere qualche reato punibile, ma che è andato in prescrizione, perché noi familiari avevamo subito evidenziato che c’erano cose che non tornavano: se il camionista ha investito mio fratello già morto, è stato vilipendio di cadavere, per esempio. Certe cose erano evidenti e le indagini non sono state fatte o non abbastanza e una famiglia ha pagato».
Non resta che attendere la sentenza: «Mi sarebbe piaciuto che mio padre avesse potuto sapere tutto quanto è emerso», chiosa Donata pensando a Domizio, che non c’è più.