Jolanda di Savoia, ogni anno ricorda il papà bersagliere mai conosciuto
Walter Scalabrini morì annegato dopo un attacco nel 1941. La figlia: «Non l’ho mai visto, che rimpianto»
Jolanda di Savoia “Sempre il grande rimpianto di essermi mancato prima di poter ricordare il tuo viso, la tenerezza di un abbraccio e, nei primi mesi, la mia mano stretta nella tua. Tua figlia Idilia”. Questa la necrologia apparsa ieri sul nostro quotidiano. E avviene così da oltre vent’anni per ricordare Walter Scalabrini, nato a Migliarino ma residente a Jolanda di Savoia, bersagliere del 9º Reggimento, morto non ancora ventenne il 18 settembre del 1941, durante la Seconda Guerra Mondiale. Idilia era una neonata, aveva compiuto quattro mesi proprio quel giorno: papà aveva fatto in tempo a vederla, lei ovviamente non può avere alcun ricordo di lui.
La tragedia
Solo successivamente la moglie e gli altri famigliari seppero com’era morto il giovane bersagliere. Lui e altri militari italiani stavano andando in Africa ma le navi del trasporto vennero attaccate alle 4.06 di quel nefasto 18 settembre da quattro sommergibili inglesi. Venne colpito per primo il piroscafo Neptunia, seguito dall’Oceania. Il Neptunia era stato colpito sotto la chiglia all’altezza della stiva 4, con le motrici principali ferme, senza energia elettrica e con il timone bloccato. Si immobilizzò alle 4. 25 colando poi a picco con la poppa in verticale alle 6. 50. L’Oceania venne invece centrato senza riportare danni irreparabili, ma rimanendo con il timone bloccato a sinistra. Dei 5.818 militari imbarcati sulle due navi ne vennero salvati in totale 5.434, le vittime assommarono quindi a 384. Il Vulcania, la più grande delle tre navi, da 24.000 tonnellate, giunse indenne a Tripoli, grazie anche alla scorta aerea decollata dai campi nord africani, che avvistò il sommergibile Ursula e impedì che l’attacco del sommergibile avesse esito nefasto. Fra i morti, dunque, c’era anche Scalabrini, il cui corpo non è stato ritrovato.
La figlia
E veniamo a Idilia, che mai ha dimenticato quel volto, visto solo nelle fotografie lasciate dalla mamma, morta nel 1983 all’età di 57 anni. «Il 25 settembre del 1941 papà avrebbe compiuto 20 anni - ci racconta l’anziana jolandina, che non disdegna di dire qualche frase in dialetto -. Mamma e papà si erano sposati lui 18enne e lei 17enne, poi sono nata io e lui è andato in guerra. Lei mi raccontava cose di lui, poi però ha trovato un altro compagno e io sono cresciuta con i nonni, che avevano nove figli, divenni la loro decima figlia. Alla mamma fu solo detto che papà era morto e arrivava la pensione. Cosa posso dire, mi sono fatta coraggio, la vita va affrontata». Intanto Idilia cresce, in paese chi aveva conosciuto papà le parla di lui, ma poi un articolo della Nuova Ferrara ha ridato luce a suo padre: «Non ricordo bene l’anno, ma ne sono passati più di 25. Lessi un articolo della Nuova Ferrara in cui si diceva che il più giovane bersagliere d’Italia morto in guerra era Walter Scalabrini, per me fu un grande motivo d’orgoglio. E da allora ogni anno il 18 settembre ricordo papà sul giornale. Poi, ho conosciuto due persone che erano con lui quando successe la tragedia, uno era di Ro e l’altro di Vigarano Mainarda. Mentre facevano le cure termali chiesero a un mio compaesano se conosceva la “putina Idilia”. È vero, mamma diceva che lui mi chiamava così, ebbene queste due persone sono venute a trovarmi a Jolanda e mi hanno raccontato di come papà parlasse della sua “putina Idilia”. Hanno parlato anche dell’attacco in Mediterraneo, erano in nave: è suonato l’allarme, si sono spaventati, la nave è stata attaccata e lui era uno di quelli annegati. C’erano tanti italiani, sul giornale uscirono i nomi di tutti i deceduti».
Idilia ora è vedova, si è sposata non ancora ventenne: «Era il 1961, facevo i 20 anni in maggio. A luglio nacquero due gemelle, dopo due anni il maschio e dopo due anni e mezzo l’ultima figlia; ora hanno 63, 60 e 58 anni. Poi ho cinque nipoti e anche dei pronipoti. Mio marito Luciano Bergonzoni è morto nel 2009 per un infarto improvviso, era un gran lavoratore. Adesso ho qualche disturbo certo, ma ho 83 anni, quindi lo devo accettare. Pensi che quando avevo 32 anni un cardiologo mi disse che “ero nelle mani del Signore”, sono passati più di cinquant’anni».