Comacchio, i bilancioni affondano in valle: eternit e degrado i grandi nodi
Sono il simbolo della cittadina ma serve una legge
Comacchio Elementi identitari di una realtà lagunare sorta e cresciuta sull’acqua, i bilancioni, nella Piccola Venezia, da secoli costituiscono, parte integrante del paesaggio vallivo, depositari di un patrimonio culturale da preservare e tramandare. I capanni in stato di abbandono, avviati ad un lento declino, deturpano la bellezza di un contesto ambientale, riconosciuto riserva della biosfera Mab Unesco.
Sono ormai trascorsi 9 anni dall’approvazione, in consiglio comunale, del Piano Particolareggiato dei bilancioni, uno strumento urbanistico che avrebbe dovuto scongiurare la demolizione dei capanni abusivi, dettando, invece indirizzi chiari per la loro salvaguardia in un’ottica di rigenerazione e riqualificazione, ritenendoli, appunto, elementi caratteristici del territorio. È purtroppo sotto gli occhi di tutti l’inarrestabile stato di degrado a cui sono stati relegati alcuni bilancioni, in piccola parte sormontati da coperture in eternit, altri con assi e pali di legno di sostegno affondati da decenni. Secondo un calcolo approssimativo compiuto dall’associazione Pesca Sportiva e Ricreativa, alla quale sono affiliati circa 150 bilancioni che si affacciano tra l’argine di valle Fattibello, il canale navigabile, il Logonovo ed i canali sublagunari, sono complessivamente circa 170 i capanni da pesca disseminati nel territorio comacchiese.
Se negli anni’90 l’orientamento era quello della demolizione di strutture abusive, il Piano particolareggiato ha scongiurato che venissero rasi al suolo capanni che accompagnano la storia locale sin dal Risorgimento, elevandoli a patrimonio culturale da salvaguardare e da valorizzare. Per l’eternit ed il degrado c’è, tuttavia, un rimedio? Fabio Baldini, dopo 40 anni trascorsi nella Polizia di Stato, da alcuni mesi ricopre la carica di presidente dell’associazione Pesca Sportiva e Ricreativa, alla quale sono affiliati circa 150 dei 170 bilancioni dislocati nel territorio comacchiese. «Il problema è legato ad una stratificazione di norme – osserva Baldini-; di fatto, come si fa a chiedere agli eredi di una cosa (un capanno) che non esisteva di farsi carico di una bonifica? Tanti capanni, in origine, non erano normati. Erano fuori dalle regole. Alcune pagavano a singhiozzo, ma come si fa a riconoscere la concessione demaniale per un bene non tuo? Si potrebbe compiere una ricerca storica, per vedere chi, tra gli anni ’50 e ’60, ha posato quelle pietre, ha fissato quelle strutture, ma sicuramente li troveremo in qualche cimitero. La questione della bonifica con ripristino dei luoghi – prosegue il presidente dell’associazione dei capannisti -, non è di facile soluzione. Stiamo facendo una serie di incontri in Regione, per intercettare fondi, necessari al ripristino di queste strutture caratteristiche, che vanno valorizzate». Parallelamente l’Associazione Pesca Sportiva e Ricreativa si sta attivando per incontrare anche amministratori e dirigenti comunali, «in modo da prendere accordi sulle modalità migliori per affrontare la problematica». È risaputo che i costi di bonifica per la rimozione di coperture in eternit sono ingenti e per qualcuno è risultato più semplice darsi alla chetichella, abbandonando alcuni bilancioni al loro destino e del resto «anche le amministrazioni pubbliche – chiude Baldini – possono muoversi solo nell’alveo delle normative».