Ferrara, 19 anni fa la morte di Aldrovandi. Il padre: «Ti tolsero la vita»
Quattro agenti di polizia furono condannati per la morte del 18enne
Ferrara Sono trascorsi 19 anni dalla morte di Federico Aldrovandi. Il 25 settembre del 2005 morì vicino all’Ippodromo di Ferrara. Una targa all’ingresso lo ricorda. La morte del giovane Aldrovandi, 18 anni appena, apparve da subito piena di ombre. Si parlò di malore improvviso, ma malore non fu. Alla fine per la sua morte, avvenuta al termine di una colluttazione con quattro agenti delle Volanti, vennero condannati in via definitiva dalla Cassazione Monica Segatto, Paolo Forlani, Enzo Pontani e Luca Pollastri. Una vicenda che, a distanza di 19 anni, lascia una ferita aperta nei familiari di Federico, negli amici e in tutta la città. Oggi, 25 settembre 2024, poco dopo mezzanotte Lino Aldrovandi, padre di Federico, ha affidato il ricordo di quei tragici fatti ad un lungo post pubblicato sulla sua pagina Facebook. Eccone di seguito un estratto:
“Caro Federico, sono trascorsi ben 19 anni da quell’assurda, vigliacca e infame domenica mattina, in cui spezzandoti il cuore, 4 persone con una divisa addosso, ti tolsero la vita per sempre. Fra poco saranno le 6 e 04 del 25 settembre 2024 e per la notte che prosegue, come al solito, farò fatica a chiudere gli occhi caro mio Federico. Fra poco avresti incontrato sulla tua strada, la morte. Quelle parole imploranti di “basta, aiutatemi...”, mi battono sempre in testa come un incubo, che testimoni dissero di aver udito chiaramente provenire da quel luogo, ma non da chi ti stava uccidendo “senza una ragione”, anche se ragioni per uccidere non potranno mai essercene. Quegli agenti, avrebbero potuto e dovuto salvarti la vita, così come anche quel defibrillatore presente nell’auto di una delle pattuglie dei 4 individui e di cui uno di loro, abilitato ad usarlo, non ritenne di farlo perché il tuo battito secondo lui appariva normale, appariva regolare (il loro dirigente in udienza lo giustificò asserendo che le linee guida non lo obbligavano a farlo). Chissà cosa accadde di preciso quella maledetta mattina”.