La Nuova Ferrara

Ferrara

Il caso

Ferrara, militante Pd a processo per un like su Facebook

Daniele Oppo
Ferrara, militante Pd a processo per un like su Facebook

Isabella Rauti porta Marescotti in tribunale per un “mi piace” di troppo

2 MINUTI DI LETTURA





Ferrara Imputazione coatta con l’accusa di diffamazione aggravata per aver messo un “mi piace” a un commento. Da Nicola Lodi a Isabella Rauti. Per Diego Marescotti, attivista del Pd candidato non eletto alle ultime elezioni comunali, l’impegno politico si accosta anche a un meno gradevole impegno giudiziario visti i processi che lo vedono coinvolto sia come parte offesa che come imputato.

L’EPISODIO

Questa volta potrebbe anche essere parte di un processo interessante per i giuristi. A portarlo alla sbarra è proprio la figlia di Pino Rauti, repubblichino, tra i fondatori del Movimento Sociale Italiano, assistita da un altro politico d’area, il senatore ferrarese di FdI, Alberto Balboni, qui in veste di avvocato. La sottosegretaria alla Difesa del Governo Meloni lo aveva denunciato ritenendo diffamatorio il suo “mi piace” a un commento che un altro utente aveva lasciato sotto un suo post di critica politica. Quel commento indicava Pino Rauti come mandante della strage di Piazza Fontana (venne assolto dalle accuse di avervi preso parte nel 2005, ndr). La procura aveva chiesto l’archiviazione, la gip Silvia Marini ha invece ritenuto vi siano gli estremi per considerare quel “mi piace” diffamatorio per Rauti, per due motivi: il primo è che avrebbe potuto cancellare quel commento apparso sotto un suo post, e non lo ha fatto; il secondo perché per via di quel pollice blu «si può ritenere come Marescotti abbia inteso consapevolmente aderire al commento (...) nella sua portata offensiva e lesiva, facendolo conseguentemente proprio».

Per il giudice estense va evidenziato come «l’apposizione di un “mi piace” su Facebook contribuisca, in virtù del funzionamento di detta piattaforma social, ad aumentare la diffusione del contenuto condiviso e, quindi, delle eventuali espressioni diffamatorie pubblicate». La motivazione del giudice si basa su un indirizzo della Corte di Cassazione, elaborato nell’ambito di un diverso reato, quello di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa. In realtà, sotto questo aspetto, qualsiasi interazione con i post o i commenti ha l’effetto di “spingere” la diffusione dei contenuti, compresi quelli meno espliciti come il cuore, l’abbraccio, la faccia arrabbiata e per questo la dottrina discute sull’effettiva capacità di tali azioni di integrare le condotte richieste dai vari “reati d’odio”. Nel 2021 la Corte europea dei diritti dell’uomo, pur trattando un caso “disciplinare” aveva escluso che un “mi piace” comportasse l’attribuzione di una volontà di diffondere il contenuto e la questione è piuttosto dibattuta anche nella dottrina.