Ferrara, il Teatro Nucleo e quello spettacolo all’ombra del Muro di Berlino
Il regista e attore ripercorre quei giorni a 35 anni dalla caduta del muro
Berlino luglio 1989. Arriviamo di fronte alla Porta di Brandenburgo, duecento attori e tecnici di otto compagnie teatrali dell’Est e dell’Ovest dell’Europa e dall’Africa, in cento veicoli -camper, caravan, camion. Siamo partiti da Mosca ad aprile e abbiamo già fatto tappa a Leningrado, Varsavia e Praga. Montiamo tre teatri tenda, sulla Unter der Linden, inauguriamo gioiosamente e diamo il via a un mese di spettacoli presentati dalle Compagnie, mentre proviamo uno spettacolo collettivo autodiretto: “Odissea ‘89”. Nucleo porta in tournèe il suo già celebre spettacolo itinerante “Luci”, “Sogno di una cosa” sulla vicenda di Rosa Luxemburg, “A media luz” sulle Serve di Jean Genet e il nuovissimo “Vociferazione”, uno spettacolo musicale e teatrale. Mir Caravan nasce come autoproduzione di compagnie tutte con almeno dieci anni di vita, desiderose di sperimentare una convivenza creativa sulla strada, fuori dalla logica del mercato, proteggendosi vicendevolmente, sorta di scuola su ruote di nuova coscienza teatrale.
Partiamo da Mosca con due compagnie sovietiche: Licedei di Slava Polunin di Leningrado e Svoia Igra di Mosca, una polacca (l’Osmego Dnia che era esiliata a Ferrara ospite del Nucleo), una cecoslovacca i famosi Divadlo Na Provazku, una francese la Compagnie du Hasard che portava Nozze di Figaro di Mozart suonato e cantato insieme al griot del principe Madu del Burkina Faso, gli italiani del Nucleo, l’inglese Footsbarn che però fuggendo dalla Thatcher si era rifugiata in Francia, una spagnola il Cirq Perillos di teatro-circo. Per arrivare a Parigi a settembre per la grande festa del Bicentenario. Al centro del viaggio, il Muro. L’Ultima Bastiglia d’Europa, così l’aveva adottata e sostenuta sia il governo francese, sia Gorbaciov che voleva mostrare al mondo la verità della Perestroika e della Glasnost. Nessuno certo immaginava che il Muro sarebbe caduto. Sembrava eterno. Totem che tutti ci interrogava. Certo ai tedeschi dell’Est non aveva fatto alcuna grazia la nostra idea, di cominciare la tappa a Berlino Est e poi passare dal Check Point Charlie e continuare ad Ovest. Si erano opposti su tutte le furie alle autorità sovietiche che glielo proponevano, come gesto di amicizia tra i popoli. Così alla fine fu Berlino Ovest. Eppure, le nostre musiche, il clamore della nostra presenza si sentivano anche dall’altra parte. Molti est-berlinesi sono riusciti comunque a farci visita. Certo durante il viaggio erano già suonati tanti allarmi. In Russia ci avevano frequentato migliaia di giovani che volevano il cambiamento. A Varsavia mentre agivamo tra la città e il parco di Praga si svolgevano i convenevoli tra Jaruzelskij e Solidarnosc che avrebbero portato da lì a poco alle prime libere elezioni e Lech Walesa presidente.
A Praga eravamo stati accolti da Charta 77 a istanze di Vaclav Havel, intellettuale e uomo di teatro cui non era sfuggita la intima natura della Mir Caravan e che ha sempre considerato la nostra presenza come “prova generale della rivoluzione di velluto”: infatti a dicembre ’89 diventerà Presidente eletto della Repubblica Cecoslovacca. Così un’intuizione strettamente teatrale - il desiderio di indagare sul senso del teatro nella contemporaneità e di farlo in modo attivo, pratico, gioioso, superando pregiudizi insieme ad altri assai diversi dal tuo gruppo e spesso contradittori, ma condividenti una medesima etica, essere padroni del proprio destino artistico, non vendendosi ad un mercato che li usa da buffoni “alti” o “bassi” secondo la bisogna ma offrendosi ad una società di cui si intuisce il bisogno – ecco, questa intuizione diventa uno straordinario fatto politico, come se un misterioso istinto ci avesse condotto al centro di una situazione al tempo stesso politica, sociale, antropologica. Come se avessimo dato un colpo in profondità sotto quell’orrore, quello spaventoso vallo assassino al centro di una città nel centro dell’Europa, ad agosto ce ne andiamo verso la Scandinavia – a provocare altri sconvolgimenti teatrali. A novembre, il Muro cade. Ma noi e i nostri spettatori l’avevamo già demolito.