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L’acqua come super solvente già a basse temperature: la scoperta dell’Università di Ferrara

L’acqua come super solvente già a basse temperature: la scoperta dell’Università di Ferrara

Il traguardo nella ricerca grazie a materiali speciali, i metal-organic frameworks. Un risultato che «apre la strada a tecnologie innovative per l’energia pulita» e per il trattamento delle acque reflue

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Ferrara L’acqua può essere un super-solvente in condizioni meno estreme di quanto si ritenesse, risolvendo potenzialmente una serie di problemi ambientali. La scoperta è nata in seno a Unife.

Modificare le condizioni dell’acqua per sfruttarne al massimo le proprietà è infatti l’obiettivo raggiunto dal team di ricerca dell’ateneo ferrarese, guidato da Simone Meloni del Dipartimento di Scienze chimiche, farmaceutiche ed agrarie. In collaborazione con centri di ricerca in Spagna, Stati Uniti, Cina e Polonia, i ricercatori hanno scoperto come rendere l’acqua “supercritica” — uno stato particolare della materia in cui non è più né liquida né gassosa — a temperature molto più basse di quanto si pensasse, con applicazioni sostenibili per il recupero dell’energia dispersa. In condizioni normali, perché l’acqua raggiunga il cosiddetto stato “supercritico” — in cui diventa una sorta di super-solvente green, capace di sciogliere sostanze difficili come oli, grassi e persino alcune plastiche — occorrono temperature di circa 375 °C e una pressione paragonabile a quella che si avrebbe a 2000 metri sotto il mare. La scoperta del team di Unife, invece, permette di portare l’acqua a questo stato supercritico a “soli” 100 °C, grazie a materiali chiamati metal-organic frameworks (Mof) che la “intrappolano” in spazi nanoscopici, modificandone le proprietà.

«Questo risultato apre la strada a tecnologie innovative per l’energia pulita - spiega Meloni - Inoltre, raggiungere lo stato supercritico a “basse” temperature offre un modo economicamente conveniente, efficace ed ecologico per trattare le acque reflue — incluse quelle ospedaliere, che contengono sostanze molto difficili da eliminare — e per creare processi industriali sostenibili».

Il progetto multidisciplinare, denominato Electro-Intrusion, che ha coinvolto chimici, fisici, tecnologi e ingegneri, è finanziato dall’Unione Europea ed è volto allo sviluppo di sistemi per recuperare l’energia dispersa dalle attività umane, promuovendo la leadership europea nelle tecnologie verdi. La ricerca è stata pubblicata sulle riviste scientifiche Journal of the American Chemical Society, Nature Communication e Small. Con il gruppo di ricerca in chimica dei materiali e modellistica computazionale, Unife è già impegnata nello sviluppo di nuovi progetti a livello nazionale ed europeo per esplorare le potenzialità di questa tecnologia.