Ferrara, pochi medici e infermieri. Da 50 agli 80 euro l'ora per coprire i buchi
È il costo lordo delle prestazioni aggiuntive. Sondaggio fotografa il malcontento nel personale, il 54,6% vuol cambiare lavoro
Ferrara La ricerca di personale qualificato sta rischiando di mettere in ginocchio la sanità, e non sono a Ferrara e in Italia. Non si tratta di una fase contingente, cioè passeggera: chi allunga lo sguardo, anche scientificamente, sulle dinamiche del lavoro segnala che il problema oggi è comune ai più svariati settori del mercato e dei servizi. Uno scenario che presenta diversi punti di contatto con il paniere delle preferenze e delle incertezze comuni alle nuove generazioni. È ormai un dato di fatto che il mercato oggi segue percorsi “innovativi” e che spesso queste tendenze si traducono in difficoltà di reclutamento per le aziende, sanitarie e non. La conferma, l’ennesima se si vuole, è contenuta in un paio di paragrafi del Piano dei fabbisogni di Asl e Sant’Anna. Negli anni le prestazioni intramoenia, eseguite in libera professione con scadenza corta o cortissima, sono state regolamentate per fronteggiare «squilibri significativi tra i tempi/liste di attesa dell’attività istituzionale e di quella libero-professionale».
Le aziende sanitarie possono acquistare, quindi, tempo di lavoro dal regime di libera professione intramuraria trasferendo queste quote sull’attività ordinaria. A quale prezzo? Per la riduzione dei tempi di attesa il medico può essere retribuito con 80-100 euro l’ora lordi, compenso che, secondo quanto stabilito da una delibera del 2024 della giunta regionale, è stato fissato in 80 euro; per il personale di comparto (infermieri, etc.) il valore scende a 50 euro. Le aziende sanitarie ricorrono da tempo a questo sistema, che consente di incamerare tempo di lavoro in situazioni di carenza di personale. I vantaggi economici riconosciuti a chi aderisce, però, faticano a soddisfare le esigenze – anche personali – delle categorie interessate, probabilmente anche per il carico e le condizioni di lavoro, non ideali in particolare in alcune aree dell’assistenza. Anche restringendo il campo al solo organico degli infermieri dell’Emilia-Romagna un quadro significativo è stato tracciato dai dati raccolti da “GetMore” per Nursind Emilia-Romagna, «il principale sindacato di categoria», attraverso un questionario compilato in forma anonima da 1.327 operatori su tutto il territorio regionale.
La situazione descritta è di un «profondo malessere lavorativo. Il 36,5% non è per niente soddisfatto della propria situazione professionale per questioni di retribuzione – questo l’esito della consultazione – i l 35% per le opportunità di carriera. Oltre la metà (il 54,6%) ha già preso in considerazione l’ipotesi di lasciare il lavoro o è pronto a nuove opportunità nel giro di un anno, mentre il 38% ritiene di non ricevere riconoscimenti per la propria professionalità». Conciliare vita e lavoro, racconta ancora il sondaggio, è complicatissimo praticamente per quasi tutti gli infermieri che hanno risposto al questionario, con maggiori difficoltà negli ambiti chirurgico ed emergenza-urgenza, dove il 51% e il 47% di loro afferma di sottrarre molto più tempo alle questioni personali rispetto a quelle professionali.
Gi.Ca.
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