Pieve di Cento, giro di droga: padre e due figli in carcere
In manette tre persone per spaccio di cocaina, hashish e marijuana. Ieri il blitz della Polizia di Stato con 22 arresti
Pieve di Cento Ha una diramazione centese l’inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Bologna che ha portato ieri all’arresto di 22 persone (dieci italiani, dodici stranieri tra tunisini, egiziani, pakistani, marocchini e albanesi) e allo smantellamento di un grosso giro di spaccio di stupefacenti stimato in circa 500mila euro al mese. Tre degli arresti sono avvenuti tra Pieve di Cento (che ricade sotto la giurisdizione del tribunale di Ferrara, anche se in questo caso procede per competenza la Dda felsinea) e Castel d’Argile. Tre uomini, padre e due figli di 61, 39 e 37 anni, italiani, originari della Campania che gravitanti nel Centese, sono finiti in manette all’alba di ieri, arrestati dalla Squadra mobile di Bologna. Ora sono in carcere, andranno davanti al giudice tra venerdì e sabato. Sono assistiti dall’avvocato Alessandro Falzoni del Foro di Ferrara. Altri arrestati sono assistiti dagli avvocati Roberto Godi e Bruno Salernitano. I tre, che risultano avere già dei precedenti erano collegati al giro di spaccio gestito da italiani, che si rifornivano da canali albanesi, e rivendeva poi a gruppi arabi che gestivano lo spaccio al Pilastro, periferia di Bologna. A loro è addebitata una lunga serie di acquisti da altri due italiani, dai quali si rifornivano principalmente di cocaina ma anche hashish e marijuana, in quantitativi che vanno dal mezzo etto ai due etti alla volta.
L’indagine è partita dal quartiere Pilastro, e precisamente da un tentato omicidio dell’11 maggio 2021 per il quale due uomini tunisini erano stati accusati di aver esploso dei colpi di pistola all’indirizzo di un rivale marocchino per il controllo della piazza di spaccio. Secondo la ricostruzione investigativa, i tunisini compravano la cocaina dagli italiani. Gli italiani, a loro volta, ogni quindici giorni compravano da un soggetto albanese (trovato in possesso di una pistola calibro 9 semiautomatica con la matricola abrasa al momento della perquisizione) tre chili di cocaina alla volta. Per organizzare gli scambi veniva usato anche un linguaggio in codice, seppure abbastanza basilare: «Tre pappardelle», ad esempio, corrispondevano infatti a un ordine di tre chili di cocaina. Centrale il ruolo anche del campo nomadi di via Erbosa, dove sarebbero avvenuti gli scambi di droga di secondo livello con tunisini e marocchini, sotto la guida di uno stretto collaboratore degli italiani e che faceva da tramite con gli acquirenti stranieri, che compravano dai 20 a 400 grammi di cocaina alla volta per poi smerciare lo stupefacente al dettaglio nelle vie bolognesi Pilastro, Deledda, Salgari, Svevo, Frati e via Casini.
I contatti avvenivano per il tramite un’applicazione di messaggistica istantanea con la cifratura (l’app Wickr) per evitare di essere intercettati e con attivo un sistema di cancellazione dei messaggi dopo un breve periodo di tempo. Il sequestro di un cellulare a un braccio destro del principale indagato ha permesso agli investigatori di entrare nella rete e ricostruire i passaggi in pochi mesi. Nell’operazione sono stati sequestrati 800 grammi di cocaina, 150 di eroina, mille di marijuana e una pistola semiautomatica. La droga veniva custodita all’interno di alcuni garage. Durante le investigazioni inoltre, sono state arrestate in flagranza di reato altre sette persone.