Ferrara, frode delle mascherine irregolari. Ora il Comune chiede i danni
Seicento dispositivi per la Polizia locale senza capacità di filtraggio
Ferrara All’inizio dell’emergenza Covid, quando le mascherine chirurgiche erano introvabili, una ditta veneta ha venduto con l’inganno oltre 11mila dispositivi non conformi a istituzioni pubbliche ferraresi: 600 al Comune di Ferrara (destinate alla Polizia locale), 4.500 alle Farmacie Comunali e 6mila alla Casa circondariale. Numeri che rappresentano solo una parte della frode scoperta dalla Guardia di Finanza di Caorle, e che in tutto ha colpito - tra Emilia Romagna, Veneto, Lombardia e Friuli Venezia Giulia - una ventina di enti pubblici con uno smercio fraudolento di oltre 4 milioni e 300mila pezzi non certificati per un ricavo di quasi 3 milioni di euro.
Delle tre “vittime” ferraresi, solo il Comune di Ferrara si è costituito parte civile attraverso l’avvocato Vittorio Zappaterra a tutela della propria immagine e al fine di un risarcimento del danno che ora, a processo concluso con un patteggiamento (per entrambi 5 mesi e 15 giorni e mille euro di multa), dovrà essere definito in separata sede.
A giudizio erano finiti Marco e Rachele Bravin (padre e figlia) rispettivamente legale rappresentante e collaboratrice della ditta Blue Service srl di Caorle (Venezia), accusati di frode nell’esercizio del commercio e frode in pubbliche forniture. Gli accertamenti della Guardia di Finanza hanno appurato che gli imputati erano perfettamente consapevoli di vendere merce di qualità diversa da quella pattuita. I prodotti infatti recavano in etichetta la dicitura “mascherina chirurgica - dispositivo medico monouso classe I - conformità Ce” accompagnate da false dichiarazioni di idoneità firmate dallo stesso legale rappresentante.
Nel caso del Comune di Ferrara, le 600 mascherine destinate alla Polizia locale erano state consegnate il 9 marzo 2020, quando l’epidemia era appena stata conclamata e con essa il problema di reperire mascherine di cui non c’era disponibilità. In quella data però, i prodotti della Blue Service non erano stati ancora sottoposti ai necessari test che attestassero la loro conformità tecnica Uni En 14683/19, ovvero la capacità di filtraggio. Nonostante questo erano state vendute come dispositivi medici di classe I, accompagnate da false dichiarazioni. Nel frattempo, come emerge dalle email, venivano sollecitati i test a una società specializzata, prove eseguite solo a metà aprile (un mese dopo la vendita, quando le mascherine erano già state utilizzate) e che avevano avuto esito negativo: quelle mascherine, insomma, non avevano capacità di filtraggio e non costituivano una piena tutela contro il contagio, né per gli utilizzatori, né per le persone con cui venivano a contatto.
Fatto ancora più grave se si pensa che, a Ferrara, altri 4.500 dispositivi non regolari erano stati venduti alle Farmacie comunali e ben 6mila in un luogo affollato come il carcere dell’Arginone. Se queste ultime due realtà non hanno voluto costituirsi, il Comune di Ferrara invece ha ritenuto di far valere le proprie ragioni, non tanto per il danno economico (la spesa per l’acquisto era stata di 524 euro), ma per i rischi connessi alla vendita fraudolenta.l
Alessandra Mura
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