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Salamina, i norcini di Vigarano Mainarda salvano la tradizione

Giuliano Barbieri
Salamina, i norcini di Vigarano Mainarda salvano la tradizione

L’immancabile piombatura tramandata da padre in figlio. Il maiale materia prima nobilissima e portatore di una storica cultura culinaria

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Vigarano Mainarda Il territorio è terra dei norcini che si tramandano, da generazioni, i segreti dell’arte della norcineria. Erede della dinastia del mitico Alceste Zanetti, uno dei maestri storici della salamina, è Paolo Zanetti che afferma come «ancora oggi le mie salamine le lego in modo da ricavarne 16 spicchi come i miei maestri. Così la salamina assume la sua bella forma a pera. Per l’impasto uso coppone, guanciale, pancetta e fegato pestato. Aggiungo le spezie, sale, pepe, noce moscata, aromi naturali e vino rosso, non nero». La piombatura è l’antico metodo per verificare se la salamina non ha difetti. «Bisogna immergerla – racconta Riccardo Ferraresi – in un recipiente pieno d’acqua. Se la salamina arrivata sul fondo si ferma, e non si muove, significa che è perfetta. Se invece oscilla, o tenta di risalire, meglio non metterla in pentola».

Come si fanno i salamini da pentola? «Uso la parte esterna del coppone – risponde Iller Pesci –, poi dei muscoletti, un poco di spalla e delle cotiche. Quindi spezie, sale, pepe, noce moscata, vino nero e un pizzico di cotiche». Si usano ancora gli attrezzi del passato. «Per fare i salami – precisa Massimo Berveglieri – uso ancora le ricette e gli attrezzi di mio nonno che li ha avuti dai suoi antenati. Per preparare l’impasto uso polpa, pancetta e rifilatura di prosciutto. Macino tutto e aggiungo sale, pepe, noce moscata e aglio poi aggiungo vino rosso, tassativamente fermo, e insacco il tutto nelle apposite vesciche. I salami hanno varie forme ma il top, per qualità, sono il gentile, che ha la parte bassa più grossa di quella superiore, e la Zia dove come vescica si usa lo stomaco del maiale». Le salamine di Madonna Boschi hanno un profumo particolare, perché? «Molto semplice – risponde Cesare Bergamini – facciamo diventare aceto un qualità di vino della Toscana, e con quello disinfettiamo la vescica che, essendo prima messa in acqua bollente, ha i pori dilatati e assorbe il profumo del vino, che poi rilascia quando si cuoce».
Curiosità
Da ogni testa di maiale si ricava una coppa di testa di circa tre chili. «Bisogna – aggiunge Fiorino Pozzati – con un coltello togliere la carne dalle ossa alla quale aggiungere tranci di lingua. Dopo aver cotto il tutto si aggiunge la concia di sale pepe, noce moscata e qualche segreto del mestiere. Si insacca il tutto in una calza, che non deve essere di materiale sintetico, e dopo una decina di giorni la coppa di testa è pronta per essere affettata». Per fare i cotechini sono importanti le dosi e la macinatura. «Tassativo – raccomanda Bruno Menegatti - che l’impasto sia formato per metà dalla carne, macinata con lo stampo da otto, e l’altra metà dal cotiche macinate con lo stampo da 13. Si condisce tutto con sale, pepe, noce moscata e spezie con l’aggiunta dei segreti avuti da mio padre e appresi da decenni di esperienza. Dopo poco più di una settimana il cotechino è pronto per essere assaggiato». Non potevano mancare i ciccioli. «Si tratta - spiega Danilo Taddia, plurivincitore nei concorsi per il cicciolo ferrarese – di una specie di rito. Bisogna tagliare dei pezzi di grasso, di dimensioni simili, e metterli a bollire per tanto tempo. Quando cominciano a gorgogliare bisogna infilarli in un sacco di tela, non sintetica, che poi deve essere pressato, con assi di legno, facendo uscire il liquido, che raffreddandosi diventa lo strutto, e quel che resta nel sacchetto sono i ciccioli». Quando sono al lavoro i norcini si resta stupiti ammirando l’abilità manuale e il rispetto delle tradizioni, senza concedere nulla alle innovazioni.