Ferrara, Carlo e le auto d’epoca: «Così ridò vita alle Porsche»
Il ferrarese restaura e colleziona modelli mitici
Ferrara Se avevate una Porsche, se vi piacerebbe averla oppure anche solo condividere con un esperto ricordi e pareri su un modello piuttosto che un altro, allora la persona adatta con cui scambiare quattro chiacchiere è il ferrarese Carlo Bonora, appassionato collezionista di questa storica casa automobilistica, nonché fine restauratore di veicoli che hanno visto tempi migliori. «Attualmente ne ho solo quattro, del 1969, 1971 e 1974, tutte raffreddate ad aria, ma la più vecchia è la 912 del 1966, che tengo però gelosamente nel mio magazzino», spiega Bonora. Poi aggiunge: «Mio padre lì ci teneva la frutta, io ho trasformato il deposito in garage, ho anche qualche moto d’epoca».
Accanto al magazzino, dove un tempo riposavano cavalli, asini e trattori, Bonora ha realizzato l’officina. «Qui faccio rinascere le vecchie Porsche, non è difficile trovare modelli anni Sessanta e Settanta pronti per essere demoliti. Io li prendo e li rimetto in sesto».
Negli anni Ottanta acquistò da un demolitore una Porsche per 150mila lire, lavorò sodo per rimetterla in sesto e dopo averla regolarmente immatricolata la vendette a un dentista di Milano. Bonora restaura auto da una vita, l’ultimo modello di cui si è occupato risale al 1969, copia esatta di quello che vinse il Rally di Montecarlo: la Porsche 356. «Le prime auto su cui ho lavorato – ricorda – erano infatti le 356, un modello realizzato dalla fabbrica in diverse versioni, uscita nel 1953 in Germania ed ancora prima in Austria, esattamente da una segheria dove oggi c’è un museo». E, continua: «Le ossa me le sono fatte lavorando prima in una concessionaria, poi sulla mia Giulietta Sprint che mio padre mi regalò quando avevo 18 anni, naturalmente usata perché costava molto». Passione e hobby non hanno mai preso il sopravvento su quella che per trentacinque anni è stata la sua occupazione principale. «Lavoravo in ferrovia, conducevo treni locali e il 2 agosto 1980, giorno della strage alla stazione di Bologna, scampai all’attentato per soli cinque minuti. Io e tre colleghi avevamo appena finito il turno e ci eravamo allontanati dalla stazione per una pausa. Fu terribile». L’episodio segnò a lungo la vita di quei ferrovieri scampati alla strage. Col tempo però Bonora ritrovò il suo equilibrio e l’amore per i motori lo aiutò a distrarsi e concentrarsi su altro. «Vorrei conservarne di più ma faccio fatica a dire di no. Se incontro un appassionato che desidera l’auto alla fine lo accontento sempre e me ne privo, ma non smetto di cercare “ruderi” da riportare in vita».