Sostanze inquinanti nell’acqua, Greenpeace: «A Ferrara dati tra i più alti»
L’organizzazione ambientalista ha rivelato forte concentrazione in una fontanella
Ferrara Si accende una nuova spia di allarme per quanto riguarda gli inquinanti presenti nelle acque della rete idrica che, di riflesso, hanno potenzialmente un impatto sulla salute dei ferraresi. Nella mattinata di ieri Greenpeace ha condiviso i dati relativi alle rilevazioni effettuate nelle acque pubbliche di 235 comuni italiani. Le ricerche avevano come obiettivo il monitoraggio della presenza, nella rete idrica, di 58 sostanze perfluoroalchiliche comunemente note come Pfas.
Questi composti chimici sono utilizzati dagli anni 40’in alcuni oggetti di uso comune come le pentole, per garantirne l’antiaderenza, oppure nel processo di produzione per trattare tessuti, rivestimenti, tappeti e pelle per conferire resistenza all’acqua, all’olio, al suolo e alle macchie. Gli studi scientifici hanno dimostrato come gli Pfas siano nocivi: portano ad un aumento del livello di colesterolo e possono anche causare alterazioni a livello di fegato e tiroide, del sistema immunitario e riproduttivo, e alcuni tipi di neoplasie. A oggi la presenza dei Pfas non è regolamentata nelle acque potabili nazionali e, solo tra un anno, a inizio 2026, entrerà in vigore in Italia la direttiva europea 2020/2184 che prevede un valore limite relativamente alla presenza complessiva di 24 Pfas pari a 100 nanogrammi per litro. Tornando alla ricerca di Greenpeace, il campione di acqua prelevata tra settembre ed ottobre 2024 presso la fontanella pubblica del Parco Coletta, ha visto al suo interno la presenza di 43, 3 nanogrammi per litro. Una concentrazione nei limiti di legge ma che fa rientrare comunque Ferrara nella “top ten” delle città con la maggior presenza di Pfas nell’acqua. Le reti idriche più inquinate sono risultate quelle di Arezzo, Milano, Perugia ed Arzignano. Al quinto posto c’è Comacchio, logica conseguenza dell’inquinamento del Po. Un dato che vede Ferrara addirittura seconda a livello nazionale, con 375, 5 ng/l, è la concentrazione del cosiddetto Tfa (Acido Trifluoroacetico) ovvero una sottoclasse degli Pfas detta a “catena ultracorta” ormai presente in maniera irrimediabile nell’ambiente. Sul grado di nocività di queste molecole sono in corso ad oggi diversi studi scientifici con i primi risultati che parlano di possibili influenze sul fegato e sullo sviluppo embrionale.
In generale Greenpeace ha rilevato come il 79% dei campioni esaminati in Italia sia contaminato e l’organizzazione, pur ribadendo di non aver certo i fondi di un ente pubblico, ha grande fiducia nella qualità del lavoro svolto dal suo laboratorio di riferimento. Queste rilevazioni rappresentano un “fotogramma” del momento e non vanno prese come riferimento assoluto in quanto le concentrazioni possono fisiologicamente variare. Esse rappresentano piuttosto un “alert” su alcune sostanze dannose presenti nelle nostre acque. A testimonianza di ciò, i controlli effettuati a novembre dall’associazione Altroconsumo presso la fontanella di piazza Trento Trieste non avevano rilevato concentrazioni di Pfas. Anche la stessa Hera, che monitora la qualità dell’acqua ferrarese, non ha mai evidenziato risultati allarmanti con le concentrazioni di Pfas che nel 2023 sono state di 0,008 microgrammi per litro. L’azienda a marzo 2024 ha varato l’impianto pilota “Water Living Lab” in grado di rimuovere i microinquinanti presenti nelle acque da trattare a uso idropotabile, tra cui i Pfas.