Petrolchimico di Ferrara, Cgil: “Eni dismette la chimica e non fa gli interessi del Paese”
Colla (Regione): “Versalis non c’è, puntiamo su Basell”. I temi sul tavolo: tenuta dell’Europa, costo energia, riflessi sull’occupazione
Ferrara «Versalis ha annunciato la chiusura dell’impianto di cracking a Brindisi per sostituirlo con una gigafactory...per batterie. Scusate, davvero? Ma stiamo scherzando?». In platea si sollevano sorrisini a denti stretti, gli unici della giornata perché gli oltre 200 fra delegati, dirigenti Cgil e lavoratori dei petrolchimici di Porto Marghera, Mantova, Ferrara e Ravenna, rappresentanti della Regione (assenti Comune e Provincia) e politici locali (del Pd e di Avs) si sono ritrovati per parlare di crisi della chimica, desertificazione industriale e perdita di posti di lavoro. Nessuna allegria, per parafrasare Lucio Dalla. Mentre anche ieri a Copparo lavoratori e sindacati erano arroccati a difesa della Berco, che ha annunciato 247 licenziamenti, nel centro sociale “Il Quadrifoglio”, a Pontelagoscuro, il faro era puntato sull’incontro pubblico che già nel titolo intonava una sorta di atto di accusa: «Governo ed Eni chiudono la chimica di base in Italia».
«Questo Paese si presenta debole a giocare dentro scenari in continua evoluzione – ha esordito il vicepresidente regionale Vincenzo Colla – Il Pnrr è già finito (ne stiamo gestendo la coda) e siamo gravati da un debito pubblico record mentre servono massicci investimenti per salvare la nostra industria. Usa e Cina vogliono depotenziare l’Europa. Qui ora serve, e subito, una dose massiccia di sovranismo europeo, un’operazione keynesiana (forti investimenti pubblici, ndr) contro la quale non a caso si sono schierati gli amici di questo governo».
Quindi? «Facciamo un po’ di conti – ha proseguito Colla – L’ultima delle 50 società più importanti del settore chimico in tutto il mondo ha un fatturato di 8 miliardi. Eni-Versalis (società partecipata dallo Stato) ne ha 3, non possiamo più considerarla il soggetto di riferimento per la chimica. Dobbiamo andare verso il “green” (la chimica attenta all’ambiente, ndr) ma utilizzando ancora per un po’ particelle fossili e puntare su chi ha le risorse: Basell ha un fatturato di decine di miliardi e centinaia di ricercatori, ha compiuto un grosso investimento nell’innovazione con un impianto per il riciclo chimico in Germania. In Belgio Ineos sta investendo somme ingenti nella chimica di base, nel cracking, che in Italia stiamo dismettendo. Ma il governo vede cosa sta avvenendo nel mondo?». L’errore originario è stato chiudere il cracking di Marghera, ha detto Colla ribadendo un concetto espresso più volte nell’incontro di ieri. E il vecchio Quadrilatero non c’è più, ha proseguito: «Porto Marghera e Ravenna hanno preso altre strade, sono rimaste Ferrara e Mantova che devono affrontare problemi strutturali come l’alto costo dell’energia. La Regione convocherà un tavolo per la chimica al quale saranno invitati anche tutti gli interlocutori del Quadrilatero. Serve un nuovo accordo di programma per rendere competitivi questi luoghi. E occorre farlo col governo (quanta ciccia ci vuole mettere?) coinvolgendo l’Ue. Apriamo una prospettiva che punti su Basell, perché qui si gioca la partita vera. Versalis ha perso 4 miliardi in pochi anni, tutto il gruppo dirigente avrebbe dovuto dimettersi». Da Marco Falcinelli, segretario generale della Filctem Cgil, è giunto un alert sull’impatto del “green deal”, «una scelta che abbiamo condiviso ma deve essere accompagnata dal 2030 al 2050 da una seria e lungimirante politica industriale. Siamo in ritardo sulle fonti rinnovabili, la media del costo dell’energia nei Paesi Ue è di 34 euro a Mwh, in Italia di 180, in Polonia l’energia la fanno col carbone e dicono che ne avranno fino al 2070 per difendere 500mila posti di lavoro. Draghi ha dichiarato che l’Europa deve investire 800 miliardi l’anno per ripartire e invece l’Eni, società partecipata dallo Stato, disinveste in un settore che ha diramazioni nel resto dell’industria. Pensa di trovare le materie prime sul mercato a costi economici ma i mercati sono instabili e i prodotti soggetti a tassazione per l’impronta carbonica. Siamo anche in mezzo ad una tempesta che porta dazi su dazi. Versalis vuol fare i soldi abbassando i costi e poi ripartisce l’80% degli utili fra i soci. La chiusura del cracking a Brindisi e Priolo impatterà su 20mila lavoratori, indotto compreso. Oggi il gruppo ha 7.500 dipendenti, 20 anni fa ne aveva 18mila». Dal molte voci è giunta la richiesta di organizzare una manifestazione nazionale per chiedere una svolta.