Omicidio Bergamini, chieste attenuanti per Isabella Internò
L’appello della difesa: “Internò condannata sulla scorta di mere probabilità e valutazioni irrazionali”
Boccaleone Da un lato, quello della Procura di Castrovillari, la richiesta di rivalutare la pena per Isabella Internò, non riconoscendole le attenuanti generiche come invece ha fatto la Corte d’assise di Cosenza. Dall’altro, quello della difesa, la richiesta di ribaltare completamente quel giudizio, perché basato su una ricostruzione dei fatti e del quadro indiziario, ritenuta letteralmente «farneticante».
Passerà, come era scontato, per un nuovo grado di giudizio il cammino per raggiungere la verità giudiziaria sulla morte di Denis Bergamini, che per la Corte di assise di Cosenza venne assassinato con premeditazione, per volontà della sua ex fidanzata, Isabella Internò, per questo condannata a 16 anni di reclusione. Una pena determinata riconoscendo all’imputata le attenuanti generiche, considerate prevalenti sulle aggravanti che le sono state contestate. Questo ha determinato un conteggio al ribasso degli anni di pena. Per il sostituto procuratore Luca Primicerio, che ha sostenuto l’accusa davanti all’assise, questa ha sbagliato, sostanzialmente non considerando una serie di circostanze e comportamenti della Internò che avrebbero dovuto condurre il giudice di prima istanza a una diversa determinazione della pena. Per questo ha fatto ricorso per Cassazione, chiedendo che la sentenza venga annullata limitatamente a questo aspetto, e rimandata indietro affinché la corte d’assise possa giudicare nuovamente secondo i diversi parametri indicati.
«Sono molto soddisfatto per il ricorso per Cassazione proposto dal pm, che solo in sede di legittimità poteva contestare il giudizio di equivalenza e il riconoscimento delle attenuanti generiche a Isabella Internò - commenta l’avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia Bergamini – . Se il ricorso sarà ritenuto ammissibile verrà trattato in appello insieme al ricorso della difesa».
Proprio la difesa di Internò, rappresentata dall’avvocato Angelo Pugliese, ha chiesto in 550 pagine di appello (alla Corte d’assise di Catanzaro) che il giudizio di primo grado venga ribaltato, puntando su un «evidente malgoverno dei principi del processo penale» da parte della Corte d’assise, che avrebbe giudicato «secondo logiche del tutto inquisitorie» e «sulla scorta di mere probabilità, ipotesi proprie, valutazioni irrazionali». Per la difesa, Internò è stata condannata dall’assise senza che siano state dimostrate «le modalità dell’ipotetico omicidio, senza aver dimostrato quando venne perpetrata l’ipotesi delittuosa, senza aver dimostrato da chi venne compiuta la condotta, ma limitandosi ad ipotizzare che Isabella Internò, mandante dell’agguato, ingannava Donato Bergamini, portandolo in Roseto Capo Spulico (CS), dove lo attendevano i suoi fantomatici correi che nel tentativo di “dargli una lezione, un avvertimento incisivo alla vittima”, lo sopraffaranno fino a procurargli la morte e successivamente, lasciavano Isabella Internò sola in quel luogo buio per sparire nel nulla, senza lasciare alcuna traccia».