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La testimonianza

Crisi Berco, Johnny dice addio: “Ho il magone ma così non so come garantire un futuro ai miei figli”

Davide Bonesi
Crisi Berco, Johnny dice addio: “Ho il magone ma così non so come garantire un futuro ai miei figli”

Il racconto di Johnny Cazzanti, perito meccanico licenziatosi dopo 28 anni: “La famiglia mi ha detto di resistere ma non vedo prospettive”

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Copparo Alcuni giorni fa sul gruppo Facebook “La Berco siamo noi” è apparso il messaggio di un dipendente, che a malincuore ha annunciato come il 28 febbraio sarebbe stato il suo ultimo giorno in Berco. Il dipendente è Johnny Cazzanti, quasi 50enne originario di Ambrogio ma residente a Copparo con la famiglia. Ora ci racconta questa scelta, frutto di lunghe riflessioni e tanto dolorosa, lo conferma la voce rotta in gran parte della chiacchierata. «Lavoro in Berco esattamente dal 13 gennaio 1997. Il mio ultimo giorno di lavoro è stato mercoledì scorso, ho fatto la notte, ora sono in ferie e il 28 concludo la mia avventura dopo 28 anni...».

Cazzanti non ha bisogno di tante domande, ecco la sua vita in Berco e le ultime sofferte settimane. «Mi sono diplomato all’Itis, perito meccanico, nell’estate del 1995 e il 5 dicembre ho iniziato il servizio militare nei granatieri di Sardegna. Nell’autunno 1996 sono tornato a casa in licenza e mio padre disse che c’era una lettera di Berco: mi chiedevano di far parte della Berco, dissi perché no, lavoro sicuro e vicino casa. Andai subito, mi dissero di ripresentarmi con il congedo finito il servizio militare e così tornai a fine novembre. Al colloquio mi dissero “se per lei va bene facciamo le visite e dopo le festività inizia”. E il 13 gennaio 1997 sono entrato in Berco con prospettiva di carriera visto il titolo di studio. Dopo un anno e mezzo sono diventato fisso e ho realizzato quelli che erano i sogni di qualsiasi persona: ho comprato casa e creato la mia famiglia e questo lo devo a Berco. Andava bene, anche se non ci sono state le promozioni “promesse”, ma mai pensavo di andare via. Poi, dal 2013 ecco la prima baraonda, ma anche allora seppure le premesse non erano troppo buone pensai di rimanere, pur con qualche taglio in busta paga. Nel periodo Covid ecco la botta che mi ha iniziato a far pensare, tante vicissitudini negative, ancora tagli, ma ero ancora lì e contavo di resistere, in fondo la pensione non la vedevo lontanissima e mi sono sempre ripetuto come faccio a lasciare il lavoro con questi impegni, in fondo lo stipendio con alti e bassi ancora c’è. Nel frattempo, con due figli avevo cambiato appartamento e aperto un mutuo ventennale per una casa più adatta alla nostra famiglia. E arriviamo allo scorso autunno, con i nuovi licenziamenti e lì mi sono chiesto se ne vale la pena, il rischio era alto. Dopo l’apertura unilaterale ai licenziamenti mi sono confrontato con mia moglie: magari tengo il posto ma a quali condizioni, stipendio tagliato e zero prospettive. A Natale ne ho parlato con i parenti più stretti e mi è stato detto di resistere, ne ho preso atto ma in cuor mio non ero d’accordo. Lo dico sinceramente, in questa azienda non vedo prospettive: le macchine hanno la mia età e nel periodo Covid è stato fatto nulla per essere competitivi sul mercato. Il giorno dell’Epifania ho messo il mio curriculum su varie piattaforme online e sono arrivate proposte, niente di concreto, ma ho visto che forse “fuori” una prospettiva c’è. Come ho scritto su Facebook, i miei figli mi chiedono se vado ancora al lavoro e se posso comprare loro un gioco e a me viene il magone, non so come poter garantire loro un futuro. E così ho riparlato con la famiglia e ho deciso di andarmene».

E se i dubbi per Cazzanti sono tanti su Berco, figuriamoci sul futuro. «Non ho ricevuto offerte a tempo indeterminato, ma ci sono stati vari contatti, a qualcosa ho rinunciato per la distanza troppo alta o le condizioni non vantaggiose, ma mi sono reso conto che se qualcuno cerca le possibilità ci sono. Era il momento di fare il passo e lo dico ai miei colleghi: alcune aziende sono più propense ad assumere persone con professionalità ed esperienza piuttosto che giovani, i quali dicono di no al turno di notte o a lavorare il sabato, io sono turnista da 28 anni e ho sempre dato disponibilità il sabato. Ho nulla in mano, ma sono e voglio, anzi vogliamo, essere fiduciosi. Per essere “dipendente” Inps mancano 14 anni e si è capito che Thyssenkrupp intende lasciare l’Italia, ma a Berco auguro tutto il bene, per Copparo e per l’indotto».