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L'astensione

Sciopero dei magistrati, a Ferrara prevista un'altissima adesione

Daniele Oppo
Sciopero dei magistrati, a Ferrara prevista un'altissima adesione

Oggi la protesta contro la seperazione delle carriere proposta dal ministro Nordio e oggetto di una riforma costituzionale: "Così l'indipendenza è compromessa"

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Ferrara Dentro il palazzo di giustizia di Ferrara è attesa un’altissima adesione allo sciopero che i magistrati italiani hanno indetto per oggi contro la separazione delle carriere proposta dal ministro Carlo Nordio e oggetto di una riforma costituzionale. Già da qualche giorno, soprattutto tra le file dei pubblici ministeri, sono comparse le coccarde tricolori che l’Associazione nazionale magistrati, che ha indetto e organizzato lo sciopero, ha individuato come simbolo della protesta. E d’altronde, a essere colpita maggiormente dalla riforma è proprio la figura del pubblico ministero, ovvero del magistrato che coordina le indagini e che è titolare esclusivo dell’azione penale (ovvero dell’obbligo costituzionalmente previsto di chiedere a un giudice che l’autore di un reato venga punito).

«La separazione delle carriere compromette l’indipendenza della magistratura», si legge in una grande scritta rossa nei manifesti appesi nelle porte degli uffici dei pm. Un’altra recita: «La riforma non risolve i problemi della giustizia, non ci aiuta a lavorare meglio e più in fretta. Ci saranno solo minori garanzie, soprattutto per i più deboli». Quello sulla separazione delle carriere dei magistrati giudicanti (i giudici) e di quelli requirenti (i pubblici ministeri) è un dibattito che va avanti da molto tempo. Chi la sostiene ritiene che sia necessaria per evitare commistioni tra ruoli e passaggi da una funzione all’altra (in realtà ormai rarissimi), che andrebbero a detrimento del buon funzionamento della giustizia e penalizzerebbero il cittadino. Uno degli argomenti “popolari” a sostegno è che giudici e pm si conoscono, dipendono vicendevolmente gli uni dagli altri per la carriera, non si fanno torti. Per il Csm «i giudici condannano solo nel 40,4 % dei casi. Non c’è nessuna soggezione dei giudici ai pubblici ministeri».

La separazione delle carriere fu uno dei cavalli di battaglia dei governi Berlusconi, usato anche come strumento politico d’attacco al potere giudiziario. Questo probabilmente ha generato una buona parte delle riserve tuttora esistenti a una tale riforma che, peraltro, costituiva anche uno dei punti del famigerato ed eversivo “Piano di rinascita democratica” della Loggia massonica P2, che oltre alla separazione delle carriere prevedeva anche l’assoggettamento al Parlamento del Consiglio superiore della magistratura, che è organo costituzionale di autogoverno della magistratura e che ne garantisce l’autonomia dagli altri poteri. Nella riforma Nordio alle carriere separate corrispondono due Csm separati, cosa che per i suoi fautori è la garanzia della permanenza dell’autonomia dei pm (e con una formula che è anch’essa una novità per l’elezione dei componenti: tramite sorteggi, anziché con una scelta). Per i magistrati, invece, la riforma Nordio è proprio il primo passo per avere dei pubblici ministeri sotto controllo politico, come avviene «in quasi tutte le esperienze europee e internazionali in cui è presente la separazione delle carriere», ed essere soggetto a ingerenze sia esterne che interne. Tra tali ingerenze, si parla anche della possibilità di essere usati dalla maggioranza politica del momento come strumento per perseguire o meno alcuni reati. «La legge potrà essere ancora “uguale per tutti?”», si chiedono i magistrati.