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Il processo

Ferrara, il cappio per indurre imprenditore a pagare

Alessandra Mura
Ferrara, il cappio per indurre imprenditore a pagare

Estorsione ai danni di un imprenditore, il 59enne a giudizio anche per rapina e lesioni. Alla vittima botte, minacce e la foto di una bambolina impiccata vicino alla sua azienda

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Ferrara Un cartone con la scritta “Paga!” appoggiato vicino alla sua azienda agricola e con all’interno una bambolina con un cappio al collo. Questo l’inequivocabile messaggio rivolto a un imprenditore con una foto inviata su whatsapp, per convincerlo a sborsare il denaro che il mittente della missiva sosteneva gli fosse dovuto.

Per questo e altri episodi è stato rinviato a giudizio Moncef Aissa, tunisino di 59 anni, già arrestato dai carabinieri il 17 luglio scorso sempre per estorsione, ma per un’altra vicenda che vede come parti offese due ristoratori e per un presunto debito di droga

Questa volta a subire minacce e violenze è un imprenditore da cui l’imputato pretendeva la restituzione di una somma di denaro legata, a suo dire, a una pratica di regolarizzazione in Italia di una terza persona. E per ottenere quanto richiesto aveva potuto contare sulla collaborazione di un complice che non è stato identificato. Tra il marzo e l’aprile del 2023 la vita della vittima si era trasformata in un incubo. Moncef e gli altri due uomini si erano presentati nello studio della sua società scaraventando a terra le pratiche sulla scrivania e minacciando la vittima che gli avrebbero bruciato il locale e sarebbero andati anche a casa sua se non avesse dato loro 1.500 euro.

Somma che l’uomo aveva poi effettivamente pagato in parte in contanti in parte con versamenti su carte ricaricabili intestate all’imputato.

Non contenti, avevano ottenuto altri 500 euro rincarando la dose delle minacce con ulteriori messaggi telefonici. Ad aprile l’asticella della violenza si era alzata perché nel frattempo la vittima aveva sporto denuncia. Alle frasi minatorie («so che mi hai denunciato, ti taglio la gola, ti bruciamo la casa, l’ufficio e la macchina, sappiamo dove abiti, possiamo venirti a trovare in ogni momento quando vogliamo») si erano aggiunte aggressioni fisiche. L’uomo era stato spinto contro un muro e gli era stato sferrato un calcio al fianco che gli aveva provocato un trauma guaribile in quattro giorni. Il tutto accompagnato dalla richiesta di altri 1.500 euro, che l’imprenditore stavolta aveva negato rifiutandosi di pagare.

Al termine delle indagini la procura aveva chiesto il processo per Moncef per i reati di estorsione, rapina e lesioni aggravate in concorso e il giudice ha disposto il rinvio a giudizio fissando la prima udienza a ottobre.