«Sono stato in cella all’Arginone di Ferrara. Ero una scatola in una gabbia»
Dal carcere alla Fattoria degli animali per rinascere o finire di scontare la pena. «Ho deciso di fare del bene e di volermi bene. Posso anche andare a fare la spesa»
Ferrara Inserimento lavorativo e possibilità di riscatto attraverso percorsi alternativi alla pena, prendendosi cura di animali provenienti da storie di maltrattamenti, sequestro ed abbandono. È ciò che accade quotidianamente nella fattoria degli animali “La Collinara” di Porto Garibaldi, fondata nel 2007 da Antonella Galante e che oggi gestisce insieme ai figli Niccolò e Tommaso. Coloro che sono stati colti alla guida in stato di ebbrezza o con una modica quantità di stupefacenti, a solo uso personale, ma anche ex detenuti e detenuti in misura alternativa, persone con disabilità e rifugiati provenienti da Paesi stranieri hanno trovato un’opportunità nella fattoria, che è una cooperativa di tipo B e che ha, nella propria mission, l’integrazione lavorativa. Le storie degli animali recuperati si amalgamano a quelle di persone che hanno commesso reati o che hanno attraversato momenti difficili nella loro vita. La semi-libertà, insieme alla detenzione ai domiciliari e all’affidamento in prova è una delle misure alternative alla pena, di cui si sta avvalendo, con successo, Giuseppe. «Dopo 15 anni e tre gradi di giudizio – ha raccontato l’uomo – sono stato prelevato di sera nella mia abitazione ed accompagnato in carcere, dove si diventa una scatola, all’interno di una gabbia. Avevo un figlio di 16 anni. Per sei mesi sono rimasto in cella all’Arginone, dove ho lavorato in cucina e come istruttore di ping pong, poi sono passato dalla Sezione all’area dedicata a persone che lavorano e ho lavorato pulendo i parchi di Ferrara per altri sei mesi. Poi è arrivata l’opportunità alla Collinara. Sono stato fortunato, ho rischiato di perdere gli affetti. Mio padre era un carabiniere e io ho invece, commesso tanti errori, ma in questa realtà sono rinato». Giuseppe di notte deve restare a casa e manca poco più di un anno all’alba.
Ivan ha 78 anni, è un ex gestore di ristoranti, che ha convertito la reclusione, per reati finanziari, in affidamento in prova con attività lavorative nella fattoria. «Ho preso in braccio per la prima volta una capretta appena nata e le ho somministrato il latte con il biberon e mi sono commosso – ha dichiarato Ivan -; Ho deciso di fare del bene e di farmi voler bene. Alla mattina sono autorizzato a fare il giro al supermercato per recuperare frutta e verdura, il cibo da somministrare agli animali. Sto imparando tante cose. Nella fattoria si scoprono i valori autentici della vita».
I lavori di pubblica utilità vengono assegnati a chi è stato colto alla guida in stato di ubriachezza o con droga ad uso personale, ma a contatto con gli animali possono trovare la luce in fondo al tunnel anche persone come Giuseppe di Porto Garibaldi che, dopo aver accudito la mamma non autosufficiente, rinunciando al lavoro, si è ritrovato, alla sua morte prematura, senza nessun sostentamento. Una mano preziosa arriva dai volontari, come Piera, che dopo la pensione, aveva perso stimoli e slanci, ma che in fattoria «ho trovato il paradiso – ha ammesso -; i cavalli si mettono in fila al mattino per ricevere fieno dalle mie mani, do una mano per le visite guidate riservate a bambini e adulti, lavo i cani e mi sono presa cura di Cico, un pappagallo morto lo scorso anno a 34 anni. Per disperazione si strappava le piume, ma con tanto amore e con la musica lirica siamo riusciti a fargli ritrovare serenità». Antonella Galante è la tutor per tutti e ci tiene a precisare che «io non giudico nessuno, perché sono già stati tutti giudicati. Sono nata a Milano nel quartiere di Vallanzasca, dove regnavano degrado e criminalità. Sono stata fortunata, ho potuto studiare, sono veterinaria. Parte da lì l’amore per gli animali».