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Processo Bergamini, un Everest da scalare: “Ma ora è certo, Denis non si è suicidato”

Davide Bonesi
Processo Bergamini, un Everest da scalare: “Ma ora è certo, Denis non si è suicidato”

A Consandolo successo per la serata con la sorella Donata e l’avvocato Fabio Anselmo che ha riaperto il caso

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Consandolo “La luce in fondo al tunnel”, quello che ancora non è finito, ma come ripete giustamente l’avvocato Fabio Anselmo, «noi la nostra verità la conosciamo e una certezza ora ce l’hanno tutti: Denis non si è suicidato”. Sala civica affollata l’altra sera per l’incontro organizzato da Comitato genitori e Pro Loco di Consandolo per parlare di Bergamini, al quale è stata data giustizia dopo oltre 35 anni e ancora non è finita. Hanno risposto all’appello la sorella Donata, l’avvocato che ha vinto il primo grado processuale ottenendo la condanna a 16 anni di reclusione dell’ex fidanzata di Denis, Isabella Internò, e il sindaco argentano Andrea Baldini, in un incontro moderato dalla Nuova Ferrara.

Tanti i temi emersi nel corso di quella che si vorrebbe fosse solo il primo di numerosi momenti per parlare di Bergamini, in particolare farlo conoscere alle nuove generazioni. E in tal caso è emblematico il racconto di un bambino che durante un’edizione del torneo giovanile in memoria di Denis chiese chi fosse questa persona a cui era intitolata la competizione.

La conoscenza del sindaco di Donata risale al 2009, quando salì sul pullman organizzato dalla sorella per sensibilizzare l’opinione pubblica su una vicenda che non si poteva chiudere con una verità non vera: Denis non si poteva essere suicidato, lo sapevano i familiari, lo sapevano i compagni di squadra del Cosenza e lo sapevano tutti quelli che lo conoscevano. «Era il suo periodo migliore - ricorda la sorella -, gli avevano raddoppiato l’ingaggio, stava per prepararsi a salire in serie A e aveva conosciuto la fidanzata giusta. E poi io di Denis ricordo gli scherzi continui e il sorriso, non ho un solo ricordo in cui è triste. E parlare di Denis nel giorno del papà mi fa pensare a come nostro padre sarebbe stato felice di essere qui».

Ad Anselmo sono spettate le risposte sui tanti quesiti legati alla vicenda giudiziaria, che proseguirà con il ricorso della condannata: «All’inizio parlai di Denis come vittima di potere, fu una frase forte e ne capii subito la rilevanza. D’altronde si parlò di suicidio, di droga, di calcioscommesse, tutte cose che servivano a svalorizzare quella vita. Isabella Internò ha detto che si è buttato sotto un camion, trascinato per 60, poi 40 e poi 18 metri, ma il corpo di Denis era intatto. L’ingegnere che si è occupato della crimino-dinamica piangendo ha detto che la relazione era inventata, perché non aveva alcun dato su cui poterla fare. Non so se ora potranno essere coinvolte altre persone di certo ora è tardi perché la pena sia rieducativa. Il valore della vita di chi non c’è più non si può calcolare con una condanna, ma la pena ha anche carattere retributivo (suona male ma si dice così) per chi ha subìto la perdita. E il risarcimento economico personalmente piacerebbe fosse a carico del primo procuratorie, ma ne risponderà lo Stato con una causa civile o un ricorso. Sarà un’altra vicenda lunga». Anselmo ha parlato di Everest da scalare pensando a questa causa, così come Everest sono state altre due sue note cause seguite, ossia i casi Aldrovandi e Cucchi.

Donata ha raccontato anche la dura battaglia per far riaprire il caso, i primi viaggi con papà Nando a Cosenza con le persone a loro vicine che temevano per la loro sorte e in Calabria tante, troppe porte chiuse. Poi, però, le cose sono cambiate: «Tramite mio figlio - ricorda - entrammo in contatto con un gruppo su Facebook che portava avanti la storia di Denis. Abbiamo iniziato a parlarne in paesi vicini a Cosenza, poi il gruppo si è allargato e ora quando scendo ho famiglie che mi ospitano e viceversa grazie alla gente di Boccaleone chi viene da Cosenza ha sempre un posto dove stare». «Dopo tre anni di processo ho capito il perché dell’attaccamento di Donata a Cosenza», conferma Anselmo, fra numerosi applausi.