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Dopo il processo

Portomaggiore. «L'ex sindaco nulla aveva fatto per evitare l’incendio del poligono»

Portomaggiore. «L'ex sindaco nulla aveva fatto per evitare l’incendio del poligono»<br type="_moz" />

Sul tavolo le motivazioni della sentenza di condanna in appello per Nicola Minarelli

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Portomaggiore Sono arrivate le motivazioni della sentenza di condanna dell’ex sindaco di Portomaggiore, Nicola Minarelli. Il primo cittadino il 25 marzo 2024 era stato condannato in appello alla pena complessiva di un anno e quattro mesi di reclusione per omicidio e incendio colposi per la vicenda dell’esplosione del poligono privato, dove il 10 gennaio del 2016 morirono tre persone (Lorenzo Chiccoli, Paolo Masieri e Maurizio Neri).

La Corte d’appello di Bologna aveva riformato, ribaltandola, la sentenza di assoluzione del tribunale di Ferrara, condannando Minarelli (difeso dall’avvocato Fabio Anselmo) alla pena di sei mesi per il reato di omicidio colposo e di otto mesi per incendio colposo. L’ex sindaco è stato condannato anche al risarcimento del danno, in solido con il ministero dell’Interno, chiamato come responsabile civile, a favore delle parti civili costituite (i familiari delle vittime Neri e Chiccoli, con gli avvocati Alberto Balboni e Marcello Rambaldi, Unicredit proprietaria dell’immobile con l’avvocato Simone Trombetti, i proprietari della casa confinante assistiti dagli avvocati Giacomo Forlani e Irene Costantino). Trenta pagine dove viene analizzato, passo dopo passo, quanto successo e cosa ha portato alla decisione del giudice su una vicenda che ha molto scosso l’opinione pubblica. “Si ritiene addebitabile all’imputato, una volta appreso dell’esistenza del poligono di tiro (a suo dire avvenuta solo nel maggio 2015 ancorché la struttura, situata in zona centrale di un paese di 11.000 abitanti e che contava all’epoca centinaia di iscritti, fosse assai popolare e dal 2013 pubblicizzata da cartellonistica stradale automontata) di non avere fatto nulla per evitare, come gli era possibile e doveroso per le ragioni di seguito esposte, il verificarsi del gravissimo evento occorso 7-8 mesi dopo e precisamente il 10 gennaio del 2016”, si legge nel documento.

“Va premesso trattarsi, nel caso in esame, di un poligono di tiro privato frequentatissimo all’epoca ma di cui il sindaco (eletto nel 2011) ha riferito in sede di esame di non avere avuto conoscenza: poligono rivelatosi, purtroppo dopo il decesso di tre persone, completamente illegale sotto il profilo della sicurezza”. Quanto sopra premesso, “la Corte ritiene idoneamente dimostrato nel corso del processo di primo grado un concorso colposo per omissione nei reati nella presente sede contestati al sindaco che nel maggio del 2015, dicendosi «caduto dalle nuvole» nell’apprendere dell’esistenza del poligono in paese, pur essendosi detto preoccupato nel corso delle interlocuzioni anche telefoniche avute al fine di reperire informazioni, per sua stessa ammissione si accontentò di fatto delle notizie frammentarie (e non certo tranquillizzanti sul punto) ricevute a sua richiesta e perlopiù oralmente da uffici comunali, carabinieri, vigili del fuoco, funzionari di Prefettura e Questura: soggetti dai quali ebbe risposte assolutamente generiche”. Infine, “l’assoluta inerzia del sindaco all’esito di una tanto superficiale ed inconsistente istruttoria si protrasse fino alla data del gravissimo evento del 10 gennaio 2016: e ciò nonostante l’evidenza, rilevabile anche da chi non fosse un addetto ai lavori, della pericolosità per definizione di una struttura destinata ad ospitare persone che sparavano con armi da fuoco utilizzando quindi sostanze esplosive (proiettili) con concreto rischio di incendio all’interno del capannone mai ispezionato”. l

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