Rivolta in carcere a Ferrara, diciannove persone a processo
Undici sono stati prosciolti. I reati contestati vanno dalla resistenza, al danneggiamento e alle lesioni
Ferrara Diciannove rinvii a giudizio per reati che vanno dalla resistenza, al danneggiamento e alle lesioni; undici proscioglimenti, un’assoluzione in abbreviato e le restanti posizioni stralciate perché gli imputati risultano irreperibili. Conclusa ieri l’udienza preliminare del processo per la rivolta scoppiata nel carcere dell’Arginone tra l’8 e il 9 marzo del 2020 nelle prime, convulse giornate dell’emergenza Covid.
Gli undici proscioglimenti disposti dal gup Migliorelli sono relativi al capo di imputazione di incendio, non essendo state rilevate le caratteristiche richieste dal codice penale per configurare il reato.
I diciannove imputati che andranno a dibattimento - e per i quali il processo si aprirà il 3 giugno - devono rispondere a vario titolo di resistenza, danneggiamento e lesioni perché durante i disordini un agente della polizia penitenziaria riportò lesioni guaribili in dieci giorni. Uno degli imputati aveva chiesto di essere giudicato con rito abbreviato ed è stato assolto. Per lui la procura (pubblico ministero Andrea Maggioni) aveva chiesto una condanna a otto mesi per il solo reato di resistenza, non essendo stato possibile stabilire con certezza il suo apporto ai danneggiamenti.
La rivolta dei detenuti all’Arginone non fu certo l’unica scoppiata in quei giorni nelle carceri italiane per l’emergenza Covid, e proprio gli echi di altre insurrezioni aveva agito come un “effetto domino”, moltiplicando i casi. Ma rispetto ad altre carceri la situazione all’Arginone venne riportata sotto controllo prima che potesse portare a conseguenze più gravi e violente grazie a una riuscita opera di mediazione da parte degli operatori e dei responsabili.
La sospensione delle visite per il lockdown, unita alla paura del contagio, a sua volta accentuata dal sovraffollamento, furono i motivi scatenanti della rivolta in un carcere che all’epoca ospitava 317 detenuti con una capienza di 244 posti.
Tra l’8 e il 9 marzo di cinque anni fa nel corso della sommossa vennero distrutte finestre, lampade e altri suppellettili, e alcuni letti bruciarono. Gli agenti penitenziari intervennero per bloccare i rivoltosi, e uno di loro venne colpito e riportò alcune contusioni. Alla fine il bilancio dei danni ammontò a 14mila euro.
Tra istigatori ed esecutori materiali, 37 detenuti finirono sul registro degli indagati tra cui anche nomi già noti alle cronache ferraresi come Glory Egbogun, detto “Omomo”, esponente del clan nigeriano dei Vickings e presente all’agguato con il machete in via Olimpia Morata; e poi Afrim Beizaku, ritenuto uno degli amici di Igor il Russo e sospettato di avere offerto ospitalità al pluriomicida e Rimi Mezani, primo condannato a Ferrara per il reato di omicidio stradale.