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Cona, infortunio mortale in Superstrada. Il pm chiede due condanne

Cona, infortunio mortale in Superstrada. Il pm chiede due condanne<br type="_moz" />

Tre anni e 4 mesi per il direttore tecnico e il datore di lavoro

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Cona Sulla rampa di immissione della Superstrada, all’altezza di Cona, non era presente alcun segnale di pericolo per la presenza di un cantiere mobile; e il mezzo con il carrello che indicava il restringimento di carreggiata era posizionato sulla corsia di destra e non, come prescrive la norma, nella banchina laterale che pure era presente e forniva disponibilità di spazio.

Sono questi i due elementi chiave dell’inchiesta sulla morte dell’operaio Augustine Aigbovo messi in fila ieri dal pubblico ministero Andrea Maggioni tirando le fila del processo che vede tre persone imputate per cooperazione in omicidio colposo. Per Gabriele Pezzi, direttore tecnico della Cims, la ditta che aveva preso in carico i lavori di rifacimento della segnaletica orizzontale, la procura ha chiesto tre anni e quattro mesi; stessa condanna chiesta per il datore di lavoro Donato Papi della Sud Signal di Lecce, la ditta che aveva avuto in appalto l’intervento da Anas. Entrambi, secondo l’accusa, non avrebbero rispettato le norme contenute nel Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro e nel Piano Operativo di Sicurezza. Per Giovanni Papa, che ricopriva il ruolo di preposto alla sicurezza, il pm ha invece chiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste poiché l’obbligo, per tale figura, di essere presente in cantiere è entrata in vigore nel 2021, un anno dopo l’infortunio mortale.

Augustine Aigbovo, 43 anni, era originario del Gambia, viveva a Ozzano nell’Emilia ed era padre di un bimbo piccolo. Si trovava sopra il carrello segnalatore del restringimento («probabilmente per recuperare la bandierina da agitare per indicare il cantiere», ha ipotizzato il pm) quando un’auto che si era appena immessa sulla Super imboccando la rampa all’altezza di Cona, andò a sbattere contro il camion e l’operaio finì schiacciato tra il mezzo e il carrello, morendo sul colpo.

Il conducente dell’auto (che ammise di essersi distratto chinandosi per recuperare qualcosa) aveva già patteggiato la condanna, ma le accuse si sono estese anche ai responsabili del cantiere, a cui la procura ha contestato profili colposi che lo stesso pm - ha riferito ieri nel corso della requisitoria - aveva potuto verificare subito con i suoi occhi, portandosi quel giorno sul luogo dell’incidente percorrendo quella stessa rampa, «priva di segnalazioni». La difesa, a sua volta, (avvocati Ermanno Cicognani e Alessandro De Matteis) ha obiettato che lo spazio a fianco della carreggiata non era adeguato a posizionare il camion e, riguardo la presenza di cartelli segnalatori, già alla scorsa udienza aveva prodotto la relazione scritta di un sorvegliante Anas. I familiari della vittima si sono costituiti parte civile con l’avvocato Laguardia. La sentenza il 13 giugno.l

Alessandra Mura

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