Ferrara, «ticket sui farmaci troppo caro: è ingiusto pagare»
La protesta di una paziente: «Pagavo zero e il costo è salito a 14 euro». Dal 2 maggio la misura a regime in Emilia Romagna, la Regione: «Riequilibriamo a favore dei meno abbienti»
Ferrara Ipotizzata all’inizio dell’anno e poi annunciata dallo stesso presidente regionale, Michele de Pascale, la manovra sul ticket applicato all’acquisto di farmaci è andata a regime dal 2 maggio scorso. Ma non è passata inosservata. Chi è entrato in farmacia negli ultimi giorni ha potuto apprezzare fin da subito l’impatto che questo balzello riesumato può avere sul reddito delle famiglie. In particolare di quelle dove sono presenti più persone anziane o comunque ammalate non titolari di esenzioni legate alle patologie o all’età.
A rivolgersi alla “Nuova” è stata ieri una signora tra i 50 e i 60 anni che ha acquistato sabato scorso sette scatole di farmaci per il controllo di aritmia e ipertensione, prodotti per quali in passato non era previsto un contributo del paziente e che oggi fanno gonfiare lo scontrino aggiungendo nuova spesa a quella legata al costo calmierato dei medicinali. «A causa dei tempi lunghi programmati per alcune visite specialistiche e per alcuni interventi chirurgici oggi un paziente deve valutare seriamente la convenienza di rivolgersi al privato – ha commentato la paziente – Con questa manovra è stato aggiunto un costo ulteriore a carico delle famiglie».
In farmacia il personale risponde che le lamentele dei clienti oggi si iniziano a sentire con una certa frequenza. C’è quello che dà un’occhiata allo scontrino e chiede al farmacista perché il prezzo è aumentato: non tutti, infatti, hanno seguito il battage dei mesi scorsi sulle motivazioni che hanno spinto la Regione ad imporre un ticket che da molti anni in Emilia Romagna non si pagava. Ma ci sono anche farmacie, come Perelli, in centro storico, dove queste lamentele si sono sentite molto più sporadicamente, come spiegava ieri un addetto.
Nella Farmacia San Romano, sempre nel centro di Ferrara, i commenti sono stati invece numerosi e negativi: «Sì, molti clienti sono sorpresi. Dicono di non aver mai pagato il ticket e lamentano che è anche alto». E Carolina, della Farmacia Centrale, a Pontelagoscuro, ricorda che «l’Emilia Romagna era rimasta l’unica Regione o quasi a non chiedere il ticket sui farmaci. In Veneto si è sempre pagato, qui in Emilia comunque ci sono altri prodotti, come le provette per le urine, che altrove si pagano e qui no. Chi si lamenta? Soprattutto persone che hanno raggiunto una certa età».
Il presidente de Pascale era stato piuttosto chiaro sulle ragioni alla base del provvedimento: «Abbiamo un tema di appropriatezza nell’utilizzo del farmaco - aveva dichiarato a una testata romagnola nel marzo scorso - l’Emilia Romagna è l’unica Regione in Italia in cui i redditi alti non pagano nessun tipo di ticket farmaceutico. La contribuzione è prevista invece sulle visite specialistiche anche per i redditi più bassi. Vogliamo introdurre un criterio d’equità, perché alla fine i redditi alti non pagano nemmeno un euro o due su una scatola di antibiotico o su altri farmaci, è un’ingiustizia». Il contesto è noto: il bilancio della Regione per l’80-90% va a coprire la spesa sanitaria e da qualche anno, dopo i rincari dell’energia, l’impatto economico delle misure anti-Covid, la carenza di personale (in molti casi da incentivare per ottenere un effetto positivo sugli organici) fatica a coprire la spesa. L’anno scorso la sanità emiliana ha accumulato un disavanzo complessivo di circa 195 milioni di euro (oltre 30 solo per Asl e Sant’Anna) che la Regione ripianerà. Un quadro che in buona parte spiega l’interesse dell’Emilia Romagna per il varo di una manovra impopolare ma che dovrebbe nei prossimi anni salvaguardare l’equilibrio dei conti.
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