«Felice anche nel dolore, altrimenti sarei come Filippo». Gino Cecchettin a Ferrara
All’Apollo “Il rumore dell’arte contro la violenza” organizzato dal Copernico-Carpeggiani. Il padre di Giulia, assassinata dall’ex fidanzato: «Leggiamo sul giornale di donne uccise e giriamo pagina, sollevati che non ci riguardi, invece coinvolge tutti»
Ferrara «Io vi parlo da genitore, come se le vostre domande me le ponessero i miei figli» si è approcciato così Gino Cecchettin, padre di Giulia, uccisa dall’ex fidanzato, e presidente della fondazione a lei dedicata, alla platea di 500 studenti dell’Iis “N.Copernico A.Carpeggiani” di Ferrara in occasione dell’evento “Il rumore dell’arte contro la violenza: educare, creare, cambiare”, organizzato dalla scuola che per prima ha inserito il contrasto alla violenza di genere tra le materie curricolari. Ispirati dalla lettura del suo libro “Cara Giulia”, diversi alunni delle terze, quarte e quinte, si sono succeduti al microfono ponendogli domande di grande spessore.
Come si ricostruisce la propria vita dopo una perdita del genere?
«Ci sono giorni in cui penso che la vita non abbia senso, per fortuna dura poco perché immediatamente trovo delle ancore che nella vita bisogna avere, per me sono Elena e Davide, il mio lavoro, la mia compagna, il ballo, la passione per i libri, per la musica, tutti gli amori che ti permettono di andare avanti e che sono sicuro troverete anche voi. A volte il dolore può essere talmente forte che non si vede un futuro, ma la vita è un dono e so di doverla vivere intensamente proprio per Giulia e mia moglie Monica, che volevano vivere. Se così non fosse sarei come Filippo, come qualcuno che commette un torto verso una persona cara. Si può essere felici anche nel dolore, in modo diverso, non bisogna farsene una colpa».
È giusto chiamare mostro qualcuno che commette femminicidio?
«Penso che questa definizione allontani dalla realtà, perché alloca la persona distante da noi. Le parole definiscono: si parla di raptus, colpo di testa, perché vogliamo sottolineare l’eccezionalità di chi commette una cosa del genere e prenderne le distanze. Ma è ormai evidente che c’è un humus culturale nel quale questi fatti maturano, del quale facciamo tutti parte. Sentiamo spesso frasi che sembrano innocue, come “avere le palle”, “fare la femminuccia”, “le donne non sanno guidare”, “l’uomo è cacciatore e la donna a preda”, ma questi stereotipi di genere condizionano la nostra evoluzione comportamentale, esserne consapevoli è già un primo passo verso il cambiamento».
Perché non riusciamo a percepire i segnali e i pericoli prima delle tragedie?
«Perché tendenzialmente cerchiamo la quiete, la pace, la zona di confort, dove non abbiamo pensieri. Leggiamo sul giornale la notizia di un’altra donna uccisa e giriamo pagina, sollevati che non ci riguardi, invece coinvolge tutti, può capitare a tutti. Occuparci dei problemi sociali, significa abbandonare le certezze e questo costa, ma vi invito a farlo ogni volta che sentite una parola fuori luogo, un comportamento inopportuno. Per questo servono giornate come questa perché il contributo di ognuno di voi può fare la differenza».
La necessità di un’educazione costante e una pratica del rispetto che diventi abitudine, è emersa anche nell’intervento dell’altra ospite dell’evento, Livia Zancaner, giornalista del Sole 24 Ore e autrice del libro “In trappola”. «Serve un’educazione alle emozioni, insegnare ai ragazzi l’affettività, l’empatia, ma non solo. Dobbiamo insegnare agli adulti a gestire la frustrazione dei ragazzi, bisogna che ognuno di noi educhi i nostri figli a che cos'è l'amore, come ha detto la procuratrice di Napoli Nord Anna Maria Lucchetta, in merito al femminicidio di Martina Carbonaro».
Studentesse e studenti hanno contribuito alla mattinata con poesie, illustrazioni, brani ed esibizioni musicali. La 5 X ha inoltre presentato i risultati di un sondaggio condotto tra i compagni con la professoressa Barbara Diolaiti proprio sul tema della violenza di genere: il 73,6% delle ragazze è stato vittima di violenza fisica, emotiva o entrambe. Più bassa, ma ugualmente significativa la percentuale di ragazzi, pari al 35%. «Abbiamo ancora molto lavoro da fare e ci serve il vostro aiuto», ha concluso il dirigente scolastico Francesco Borciani rivolgendosi agli studenti.