Ferrara, morto dopo la cura alternativa: «Andava ospedalizzato subito»
Sentito il medico legale nel processo per il decesso di Mauro Gallerani
Ferrara Nella situazione in cui si trovava Mauro Gallerani, il livello basso della saturazione di ossigeno nel sangue era «un campanello d’allarme tale che all’epoca anche un cittadino attento alle notizie avrebbe dato indicazione per l’ospedalizzazione». Il professor Guido Viel, medico legale di Padova, non ha alcun dubbio sul fatto che il suo collega reggiano Alberto Dallari, imputato di omissione di soccorso, non abbia agito come avrebbe dovuto nell’assumere le cure del paziente 68enne di Corporeno, colpito dal Covid-19 nell’agosto del 2021. Un paziente che, ha raccontato Viel, consulente tecnico nominato dalla procura e chiamato ieri a testimoniare, presentava già di suo un quadro clinico molto preoccupante per via delle tante e gravi patologie che aveva.
Gallerani aveva scelto di farsi curare da Dallari, medico del gruppo Ippocrate.org, che al tempo forniva cure domiciliari “alternative” non aderenti alle linee guida. Gallerani, ha rilevato il medico legale, è morto per insufficienza respiratoria, determinata dal Covid e da una sovrainfezione batterica. Dallari lo curò con il protocollo che prevedeva l’uso di ivermectina e clorochina. «Terapie senza razionale scientifico», ha osservato il consulente, mentre già dal primo giorno avrebbe dovuto proporgli o attivarsi per la sua ospedalizzazione stanti i valori dell’ossigenazione del sangue, sempre inferiori alla soglia minima del 92%. «Già la seconda giornata è sotto il 92% – ha osservato Viel –. In quel momento c'era l’assoluta necessità di ospedalizzare, invece gli prescrive una serie di farmaci che non trovavano alcuna raccomandazione nelle linee guida». Una situazione che dal 1º settembre era peggiorata drammaticamente, con la saturazione all’84% e poi al 56% del 3 settembre, quando fu il medico di base di Gallerani a richiedere l’intervento dell’Usca – che però non era attiva in quel frangente – e poi il 118. Ma la situazione era ormai compromessa, tanto che le cure ospedaliere, ritenute corrette dal medico legale, non riuscirono a evitare l’esito letale dell’infezione, verificatosi il 7 ottobre.
Poco prima della morte, ha rilevato Viel, Dallari comunica con l’amica di Gallerani che lo aveva indirizzato verso Ippocrate.org e le dice «avrei forse dovuto ricoverarlo prima ma non c'erano le ragioni». «Le ragioni – osserva il consulente – c'erano dal 26 agosto».
VIel ha fortemente criticato l’approccio di Dallari, indicando violazioni deontologiche nel rapporto medico-paziente e nella pratica di telemedicina senza videochiamata, ma solo al telefono e prevalentemente via messaggio per raccogliere informazioni su temperatura, saturazione e pressione. Insufficienti, secondo il consulente, per un paziente di quel tipo. Mancanze però non in connessione causale con la morte, almeno dal punto di vista della certezza richiesta in ambito penale, perché è possibile che anche con le migliori cure un paziente come Gallerani non sarebbe sopravvissuto.
La difesa dell’imputato – avvocata Linda Corrias – ha sottolineato la presenza di varie chiamate tra il suo assistito e il paziente, a dimostrazione di un confronto continuo, e tentato (almeno questa è l’impressione) di spostare il focus sulle cure ricevute in ospedale (in particolare facendo riferimento a un episodio di sedazione di Gallerani, che avrebbe potuto comprometterne la capacità respiratoria). Dallari si sottoporrà all’esame dell’imputato nell’udienza del 17 ottobre.
© RIPRODUZIONE RISERVATA