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“Sicurezza” a 20 anni da Federico Aldrovandi. «No alla legge contro il dissenso»

Stefania Andreotti
“Sicurezza” a 20 anni da Federico Aldrovandi. «No alla legge contro il dissenso»

"Aldro" ricordato in una serata con le realtà più presenti nella sua vicenda. Nel mirino la norma con 14 nuovi reati e 9 aggravanti. «Si vuole creare il nemico»

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Ferrara Nella storia recente di Ferrara c’è un prima e un dopo la morte di Federico Aldrovandi. Una vicenda talmente drammatica e complessa da aver lasciato un segno vent’anni dopo, passato di generazione in generazione, fino a chi nel 2005 non era nemmeno nato. Venerdì in tanti hanno voluto essere presenti in piazzetta San Nicolò, al circolo Arci Bolognesi, per riannodare il filo della memoria con l’incontro pubblico “Vent’anni senza Aldro” organizzato dal Comitato Federico Aldrovandi 2005 – 2025, costituito dagli amici di allora e da giovani studenti che oggi hanno l’età che lui avrà per sempre. «Due decenni dopo la nostra tragica perdita – sono le parole iniziali di Andrea Boldrini, amico di Federico – pensiamo sia necessario tornare a parlare del caso di Federico, non solo come commemorazione, ma per interrogarci su cosa sia cambiato nella cultura degli interventi delle forze dell’ordine. Cucchi, Uva, Bianzino, Magherini, Rassman, in ultimo Ramy a Milano sono la dimostrazione di come gli interventi dello Stato sui cittadini possano degenerare. Abbiamo invitato le associazioni che con noi in questi venti anni hanno condiviso il percorso, per riflettere insieme su presente, passato e futuro. Cosa è successo, cosa è stato fatto e cosa si può fare perché non accadano più casi analoghi. Oggi la parola sicurezza viene usata come un’arma, la repressione normalizzata, il dissenso criminalizzato e silenziato il conflitto sociale». 


Contributi

«Questa è stata una tragedia irreparabile, inconsolabile, non risarcibile, tuttavia suggerisce un barlume di speranza – è il commosso contributo di Luigi Manconi, presidente di A Buon Diritto – all’inizio erano un pugno di persone mosse dall’amore, sole, intimorite, poi si sono uniti un avvocato, un parroco, una signora straniera, un sindaco e man mano migliaia di cittadini, e si è creata un’azione civica e politica così potente da svelare l’incapacità dello Stato di tutelare la vita delle persone che gli sono affidate. Senza la comunità che si è creata attorno a questa battaglia per i diritti, la vicenda di Federico sarebbe stata consegnata all’oblio». 


Dal ricordo della lunga e sofferta richiesta di verità e giustizia del padre Lino e della madre Patrizia Moretti, la riflessione ha fatto un salto temporale fino all’oggi, con le disposizioni della nuova legge, che ha introdotto 14 reati e 9 aggravanti, alcuni in qualche modo legati alla vicenda di Federico, come ha ricordato Leonardo Fiorentini, moderatore del panel dedicato a “Il nuovo volto della repressione: il Decreto Sicurezza”. «Un Decreto autoritario nei contenuti e adottato d’autorità nei metodi – è il giudizio netto di Giulia Melani, presidente di Società della Ragione – che vuole creare il nemico, costruire categorie di persone da avversare, lo abbiamo visto con le detenute madri, per le quali è stata eliminata l’obbligatorietà di rinvio automatico dell’esecuzione della pena per le donne in gravidanza e per quelle con figli minori di un anno». «Norme che reprimono il dissenso – incalza Nausicaa Turco di Antigone Emilia Romagna –, come il reato di rivolta penitenziaria, per il quale viene incriminata anche la resistenza passiva. Preoccupa l’effetto che questo può avere in un contesto già sotto pressione per il sovraffollamento. Inasprite anche le pene che riguardano violenza e resistenza contro ufficiali di polizia giudiziaria e pubblica sicurezza. Introdotte coperture delle spese legali fino a 10mila euro per ogni fase del procedimento per gli agenti coinvolti, indagati o imputati per fatti accaduti nell’abito del lavoro. Introdotta inoltre la possibilità per gli agenti di pubblica sicurezza di portare armi senza licenza, anche quando non sono in servizio, cosa che ha aumentato il loro utilizzo». «Si riducono gli spazi di protesta civile con ricadute anche sui lavoratori e sulla loro possibilità di manifestare – critica anche Veronica Tagliati, segretaria Cgil Ferrara – proprio ora di fronte alle crisi e ai licenziamenti a cui stiamo assistendo anche nel nostro territorio. Vale anche per le forze dell’ordine che soffrono di carenze di personale e mancate applicazioni contrattuali». 

Risponde idealmente dal panel successivo moderato da Valentina Calderone e dedicato a “Memoria e cambiamento”, la segretaria nazionale del sindacato di polizia Silp Cgil, Michela Pascali, interrotta da diversi applausi. «Essere qui dalla stessa parte è importante per smettere di odiarci a vicenda e ridare un senso al concetto di sicurezza. Nominare nuovi immaginari significa crearli: iniziamo a non chiamarle più forze dell’ordine, ma forze di polizia, perché sfruttare l’idea di sicurezza come ordine, rompe il patto del nostro mandato che è civile e non militare». «Se oggi siamo qui non tutto è perduto» è la speranza di Laura Renzi di Amnesty International, che dal G8 di Genova continua invano ad invocare l’introduzione dei codici identificativi per le forze impegnate nell’ordine pubblico, perché «le bodycam non sono adeguatamente normate». «Dobbiamo rifondare il concetto di sicurezza attorno a luoghi come questo circolo – è l’invito di Walter Massa, presidente nazionale di Arci – un rifugio per chi si sente abbandonato e discriminato. La solitudine va curata dall’associazionismo, perché è quella che spaventa, isola e fa perdere la speranza. Nessuno ha il diritto di tenerci in ostaggio nella paura».

 
E proprio sul tema della paura e dell’isolamento, non poteva mancare il contributo dell’avvocato della famiglia Aldrovandi, Fabio Anselmo, presente con la senatrice Ilaria Cucchi. «Per rompere il silenzio di quel momento iniziale ci volle il sindaco Sateriale che andò alla festa della Polizia e chiese risposte, indignando il questore che se ne andò. Poi ci fu Tiziano Tagliani, che convinse Anne Marie a testimoniare. Sono le persone che fanno la differenza, come voi qui oggi». 
 

Futuro

Il Comitato Aldrovandi non si ferma qui. «Lanciamo oggi da questo spazio - ha detto Boldrini - la richiesta di restituzione civica per Federico, come famiglia e amici faremo richiesta alla giunta comunale d’intitolargli il parco dell’ippodromo, dove è stato trovato il suo telefono quella tragica mattina». A luglio i prossimi appuntamenti, tra i quali una street parade lungo le Mura.


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