Il bambuseto di Ripapersico cuore verde: ossigeno per il territorio
La piante da 1.300 per ettaro sono diventate ben 50mila. Marco Mercatelli le conosce e le cura da anni una per una
Ripapersico Le più maestose si chiamano Golia e Obelix. Quelle intrecciate come in un abbraccio, Romeo e Giulietta. Marco Mercatelli, l’agricoltore che si occupa del bambuseto di Ripapersico a Portomaggiore, ha dato un nome alle canne più originali. Le conosce una per una, le cura quotidianamente e le ha letteralmente viste crescere dal 2016, quando sono state messe a dimora le 7800 piante madre nei 6 ettari che ora sono diventati una foresta. Da allora, propagandosi attraverso i rizomi, si sono moltiplicate, sono diventate adulte, sono state raccolte e hanno lasciato il posto ad altre. Da 1300 per ettaro sono diventate 50 mila, in un ciclo di vita potenzialmente infinito. Il ciclo di una vita di una pianta è di circa 100 anni, poi fa il fiore, lascia cadere i propri semi al suolo, e la vita riparte. Il bambù è originario della Cina, ma si è adattato bene anche nella nostra pianura.
Ma cosa serve esattamente per avviare un’attività del genere? Terreno dolce, friabile a medio impasto, sabbioso e argilloso, e la prossimità dell’acqua. I primi tre anni, come spiega Mercatelli, sono quelli che inevitabilmente richiedono più lavoro perché le piantine giovani entrano in competizione con le erbe infestanti, ed essendo un’attività biologica non è previsto l’uso di pesticidi. L’estirpo è dunque manuale e richiede notevole impegno, inoltre bisogna garantire una buona irrigazione. Come concime pellettato naturale e humus, poi zeolite e micorrize. Il resto le canne lo fanno da sé senza nemmeno troppo sforzo: possono crescere fino a 75 centimetri al giorno, come ha scoperto Marco con un ingegnoso sistema di misurazione. Sono pronte quanto il diametro raggiunge circa i dieci centimetri ed un’altezza dai 15 ai 20 metri.
Il bosco Dopo tre anni il livello di manutenzione è quello di un frutteto, dopo sei anni diventa un vero e proprio bosco. A quel punto le piante non hanno più antagonisti e crescono indisturbate, creando una pacciamatura naturale al suolo con le foglie che perdono. E dopo? Quando raggiungono le giuste dimensioni, vengono tagliate alla base con un decespugliatore a disco diamantato e conferite direttamente o fatte essiccare in campo. Un impianto avviato può produrre circa 100 tonnellate per ettaro di legna all’anno, con un ricavo di 120 euro a tonnellata, 12mila euro per ettaro.
Sempre a Portomaggiore si trovano anche altri due impianti, uno alle porte del paese e uno nella frazione di Quartiere, tutti fanno parte di Forever Bambù, una società benefit che riunisce aziende che coltivano bambù in tutta Italia. Sono 200 ettari in tutto, compresa la più grande foresta di canne europea: 40 ettari a Castiglione della Pescaia in Toscana.
Mauro Lajo è il co-fondatore e consigliere generale oltre che il presidente dell’Area Sostenibilità Confindustria Cisambiente.
«La filiera è ancora da ottimizzare, in Italia gli impianti di trasformazione sono ancora poco diffusi, ma la richiesta della materia prima è molto alta – spiega Lajo – il nostro cliente più importante produce pannelli isolanti per l’edilizia, quindi compra il cippato, poi lo sfibra, essicca e ricompatta. Oppure siamo noi che ci occupiamo dell’essiccazione per fare il micorizzato che serve per il biocomposito, una miscela di fibra e polipropilene riciclato, che serve per fare compound di legno, ma anche ecopelle, lettiere per gatti, carta, tessuti, oggetti di uso comune come piatti o appendiabiti, oltre a prodotti alimentari come pane e pasta. Inoltre, dal bambù si ricava l’unica plastica biodegradabile che si scioglie in un giorno nell’acqua salata e dopo 45 giorni nella terra. Ma al momento costa 10 euro al chilo». l
© RIPRODUZIONE RISERVATA