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«Il mare sale e la costa va sotto, la provincia di Ferrara sarà più piccola»

Gioele Caccia
«Il mare sale e la costa va sotto, la provincia di Ferrara sarà più piccola»

Franz e Stella (Unife): «Già da ora al lavoro, trovare le risorse»

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L’immagine dell’articolo: gentile concessione di AsArchitects (Ferrara)

Ferrara Gli scenari sono tre: il livello del mare più alto di 30-40 centimetri, di 50-70 centimetri oppure di un metro entro la fine del secolo. In tutti e tre l’acqua, senza barriere, invade il territorio. Nello scenario peggiore fino al Portuense, a Jolanda di Savoia e a Tresigallo. Le paludi, le valli: decenni di bonifica cancellati dall’onda marina. E la provincia ritornerà piccola, molto lontana dai tempi in cui il Po riversava nel delta i suoi sedimenti formando nuova terraferma sui cui la popolazione poteva insediarsi. Anche l’economia dovrà cambiare. Questi scenari sono in mostra dal 10 maggio scorso a Venezia nei padiglioni della Biennale di Architettura 2025, frutto di una ricerca di un gruppo Unife.
Nel team ci sono Gianfranco “Giangi” Franz, docente di Politiche per la sostenibilità e lo sviluppo locale, del Dipartimento di Economia, e il collega Antonello Stella, AsArchitects e docente di Progettazione del Dipartimento di Architettura di Ferrara. Stella mostra anche alcune foto esplicative, simulazioni di come apparirebbe il territorio costiero se il mare coprisse quello che oggi è spiaggia, lungomare, città abitata, campagna bonificata. All’incontro, a Venezia, hanno partecipato diversi gruppi di ricerca, anche di Unife e del Dipartimento di Architettura, che hanno portato la loro visione sui nuovi scenari aperti dal riscaldamento globale e dall’innalzamento del mare.
«Per tanto tempo l’Olanda ha vissuto tranquilla, protetta dalle sue dighe – spiega Franz –. Ora le previsioni sono cambiate e si sta tornando a valutare il lavoro fatto, partendo dalle scuole e dalla comunicazione. Quel lavoro potrebbe non essere più sufficiente, in futuro, a proteggere le città dall’ingressione marina».
Se il discorso si sposta di qualche migliaio di chilometri, verso sud e l’Italia, i problemi restano gli stessi ma «le soluzioni – aggiunge Franz – non si trovano dall’oggi al domani. Abbiamo qualche decennio per studiare, elaborare e mettere in campo progetti efficaci. Soprattutto per trovare le risorse, perché le case del Lido di Spina, solo per fare un esempio, saranno ancora lì fra 70 anni? Oggi, rispetto al 1992 il mare si è alzato di 8,5 centimetri ma il fenomeno sta accelerando: ogni anno ci troviamo di fronte ad estati sempre più calde, la progressione potrebbe essere molto più veloce del passato». Stella conferma che «le soluzioni tampone vanno bene per il breve o brevissimo periodo, sul lungo bisogna mettere al lavoro gruppi multidisciplinari composti da architetti, economisti, paesaggisti, biologi, botanici etc. e iniziare a lavorare per trovare le risorse, perché ne servono tante».
Franz ricorda quanto si sta spendendo già oggi per difendere l’entroterra dall’invasione del mare: 3 milioni di euro l’anno per i ripascimenti delle spiagge e 11 milioni di euro (in passato erano 7) per la bonifica, perché i costi dell’elettricità si sono impennati. Altri fondi, enormi – aggiunge – dovrebbero essere recuperati per erigere alte barriere contro i movimenti del mare. «Ci sono aree di questa provincia che scendono, già oggi, fino a 4 metri sotto il livello del mare: Lagosanto, Tresigallo sono zone dove il mare potrebbe già coprire i primi piani delle case». E Comacchio? «Era un’isola – risponde Franz – oggi è una città. Come la difenderemo? Il discorso vale anche per Mesola. C’è una questione che i nostri amministratori certo conoscono. Questa emergenza riguarda tutto l’Adriatico, in particolare da Pescara a Trieste; in Croazia sono a rischio tutte le spiagge. Ma Ferrara ha meno potere di altri territori: Rimini e Venezia, per citarne alcuni. Se non si inizia a costruire un percorso, i soldi andranno a difendere altri lidi e altre città». Sono a rischio settori e filiere produttive: «Fra Goro e Scardovari ballerebbero 7mila posti di lavoro, si può creare valore sul granchio blu, ma dobbiamo capire che questa trasformazione va sostenuta e sussidiata». Siamo una provincia fragile, concordano Franz e Stella: sta perdendo il suo tessuto industriale, l’agricoltura è meno forte di un tempo, la pesca è in affanno. E una parte del territorio, verso il mare, è già “salinizzata” – prosegue Franz –. Per combattere questo fenomeno serve acqua dolce ma dobbiamo fare i conti anche con periodi di siccità. «Bisogna usare il tempo per pensare alle soluzioni, per fare ricerca e individuare dove e come intervenire – concludono Franz e Stella –. Ci sarà un momento in cui non sarà sufficiente intervenire solo innalzando gli argini dei fiumi. Ecco perché bisogna parlare e ragionare insieme ai centri di ricerca, alle istituzioni, alle autorità di bacino, alle Regioni, a Ispra, alle Province, ai Comuni». Entro il 2035, ulteriore emergenza, si prevede un calo del 50% dei giovani fra 0 e 15 anni. «Non possiamo permettercelo – la conclusione – Ma per ora ci fermiamo qui. C’è ancora tempo per lavorare, studiare, decidere. Evitiamo di cercare le soluzioni all’ultimo minuto. Perché all’ultimo minuto magari non ci sono». l

Gioele Caccia

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