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L’episodio

Biglietto senza timbratura: a Ferrara odissea per pagare la multa

Biglietto senza timbratura: a Ferrara odissea per pagare la multa

«L’obliteratrice non ha validato e gli addetti non l’hanno verificata». Poi le difficoltà a far leggere il codice a barre della sanzione

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Ferrara Una disavventura con l’obliterazione del biglietto in bus che si trasforma in odissea per... pagare la multa, alla fine pure maggiorata. È il contenuto del racconto di Maria Luce Tommasi, giornalista ferrarese trasferita da trent’anni a Roma, che si è vista guastare uno dei suoi viaggi di rientro in città, qualche tempo fa.

Capitolo 1 «Pur avendo inserito l’apposita obliteratrice dell’autobus, la macchina non ha eseguito la stampa, pur restituendo il biglietto senza dare segnali di errore. Un addetto della Tper di Ferrara, a cui ho telefonato poco dopo, mi ha detto che avrebbe dovuto comparire un segnale rosso. Sull’autobus, a distanza di pochi secondi dalla validazione mancata, non ho avuto neppure il tempo di rivedere il biglietto perché avevo uno zaino e una sacca molto pesanti per cui ho occupato proprio il posto davanti alla obliteratrice. Subito si è però presentata l’addetta al controllo che, nonostante la mia richiesta di procedere ad una nuova obliterazione per verificare la correttezza del funzionamento della macchina, non ha voluto inserire il biglietto, ritenendo la sottoscritta in assenza di titolo di viaggio valido ed elevando quindi una contravvenzione di 77 euro. Non è stato possibile in nessun modo dimostrare la buona fede del mio comportamento perché la richiesta è stata: “Paga subito? Se lo la cifra aumenta”. Una ragazza presente, di cui non ho avuto il tempo di prendere nome e cognome, ha confermato che avevo inserito il biglietto nella obliteratrice».
La giornalista fa appello alle sue esperienze romane, «nella capitale se i biglietti non vengono accettati dalla obliteratrice, non entrano neppure nella macchina. Più volte invece mi è capitato che fosse finito l’inchiostro per la stampa». A Ferrara, invece, «credo di essere salita, l’ultima volta, su un autobus un paio di anni fa e sfido chiunque a trovare una sola volta nella mia vita in cui ho preso una multa per aver viaggiato senza biglietto».
Capitolo 2 Così Tommasi ha deciso di fare un ricorso a Tper, «che è stato respinto con queste motivazioni: omesso controllo del biglietto da parte mia e corretto controllo della obliteratrice di ogni autobus, e quindi anche di quello su cui viaggiavo, da parte delle addette alle sanzioni. Mi sono arresa. Entro i cinque giorni dal ricevimento del ricorso rifiutato, sono andata in Posta a Roma, convinta di pagare 77 euro. Impossibile perché l’ufficio postale vicino casa mia non ha riconosciuto il codice della sanzione. Codice che non è stato riconosciuto neppure dal tabaccaio vicino alla Posta. Ho provato ad entrare nel sito di Tper, che però ho scoperto che accetta soltanto carte di credito, di cui in quel momento ero sprovvista. Mi sono nuovamente bloccata e ho telefonato al call center di Tper che ovviamente non ha risposto prima di lunedì (avevo tentato una telefonata anche il venerdì pomeriggio dopo il fallimento in Posta e dal tabaccaio). Risultato: l’addetta mi ha comunicato che, se non potevo pagare con la carta di credito, ma optavo per un bonifico, dovevo accompagnarlo con un fax che, nell’epoca dell’intelligenza artificiale, forse possiamo trovare soltanto in qualche museo. Ho scoperto anche che la sanzione non era più di 77 euro, ma di 102 perché non era vero che il ricorso avrebbe sospeso i termini del pagamento. Mi hanno pure detto che avevo sicuramente capito male perché nessuno poteva avermi dato questa informazione così come nessuno poteva avermi parlato della lucina rossa. Sarà! Penso però che siano le macchine a dover lavorare correttamente per tutelare i viaggiatori onesti e non i viaggiatori onesti a doversi difendere dalle macchine e dai controllori – e forse anche dagli addetti ai call center – che si rifiutano di riconoscere la buona fede delle persone».
Finale Di certo, conclude la giornalista, «l’unica cosa che mi sono sentita ripetere è stata che dovevo pagare subito, prima sull’autobus, poi entro 5 giorni, poi entro 30, mentre alla fine al call center hanno dovuto ammettere che i giorni erano 60 con la maggiorazione». 

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