La Nuova Ferrara

Ferrara

Il caso

Studia in Albania, penalizzata nel bando dell'Università di Ferrara

Alessandra Mura
Studia in Albania, penalizzata nel bando dell'Università di Ferrara

Un esame non ancora certificato la fa retrocedere ma il Tar ribalta la sentenza e le dà ragione

3 MINUTI DI LETTURA





Ferrara Non aveva raggiunto il punteggio sufficiente per potersi iscrivere - secondo le regole contenute in un bando di Unife - al quarto anno del corso magistrale di Odontoiatria e protesi dentale. Ma secondo il Tar - a cui la studentessa aveva presentato ricorso dopo il rifiuto di Unife a rettificare la graduatoria - a non essere adeguate ed eque erano le condizioni contenute nell’avviso, e la ragazza, già ammessa con riserva in attesa della sentenza, ha potuto accedere tutti gli effetti al quarto anno del corso.

Protagonista della vicenda una studentessa italiana iscritta alla facoltà di Scienze Mediche alla “Albanian University”, istituto con il quale l’Ateneo estense ha sottoscritto una convenzione. La ragazza aveva deciso di partecipare al bando di concorso indetto da Unife che riservava 3 posti per l’iscrizione al quarto anno di Odontoiatria e protesi dentaria per l’anno accademico 2024-25. Pur essendo giudicata idonea, la giovane non era stata ammessa in quanto il suo punteggio risultava insufficiente. Non certo per colpa sua, ha sancito il Tar, ma per i ritardi connessi alla documentazione relativa all’esame di patologia clinica, che lei aveva già superato assicurandole crediti sufficienti a eguagliare il punteggio del terzo classificato. E il fatto di essere anagraficamente più giovane del “concorrente”, inoltre, le avrebbe garantito il terzo posto, come previsto dal regolamento in caso di ex-aequo.

A farle perdere terreno in graduatoria era stato il fatto che il certificato relativo all’esame di patologia clinica non era stato ancora convalidato dal Comitato tecnico scientifico. Per sopperire a questa mancanza la studentessa aveva presentato un’autocertificazione. Peccato però che il bando richiedesse, solo per gli studenti provenienti da un ateneo estero, la presentazione di un certificato dell’Università di provenienza sugli esami sostenuti, tradotto in italiano e legalizzato dalle autorità diplomatiche italiane presenti nel Paese estero, o con il timbro Apostille per i Paesi aderenti alla Convenzione dell’Aia. «Una procedura dunque particolarmente complessa – scrivono i giudici – a differenza di quanto previsto per i candidati iscritti in un diverso ateneo italiano, tenuti invece a presentare una mera dichiarazione sostitutiva di certificazione compilata in tutte le parti, secondo un apposito modello allegato al bando».

In questo modo, secondo il Collegio, Unife ha «illegittimamente omesso di tutelare chi, come la ricorrente, in quanto iscritta a un Ateneo estero, non fosse in grado, non per sua colpa, ma per ragioni correlate alla tempistica burocratica di registrazione, traduzione e legalizzazione degli esami, di produrre tempestivamente la documentazione» riguardante un esame che aveva superato già al momento della presentazione della domanda e convalidato due giorni prima della scadenza del bando.

Tanto più che, aggiungono i giudici, tra l’Ateneo estense e l’Albanian University era in atto una convenzione che consentiva a Unife di avere a disposizione la documentazione che confermava il superamento dell’esame, ed era perciò nelle condizioni di poter verificare la correttezza dell’autocertificazione.

Il Tar ha quindi accolto il ricorso con cui la studentessa chiedeva l’annullamento della graduatoria, del bando stesso, di tutti i successivi verbali e della nota con cui Unife aveva respinto la richiesta di rettifica.

E che ne è stato del terzo arrivato, catapultato suo malgrado e altrettanto senza colpe nel ruolo di “cointeressato” nel ricorso? Niente paura. Nella sentenza depositata a fine giugno, il Tar sottolinea che lo studente si è visto «scavalcare a posteriori dalla ricorrente per una non corretta disciplina approntata dall’Università» al momento della preparazione del bando, subendo così «un pregiudizio per una causa a lui non imputabile».

Il Collegio ha perciò applicato il principio di effettività delle tutele, ordinando all’amministrazione universitaria «di ritenere confermata la già intervenuta ammissione al quarto anno di studi, con riconoscimento dei corsi e degli esami svolti nell’anno in questione». 


© RIPRODUZIONE RISERVATA