I dazi incombono su Ferrara. «Serve reagire come Europa»
Andrea Pizzardi (vicepresidente Confindustria Emilia): «Agricoltura e macchinari i settori penalizzati». Ma l’effetto si ripercuoterà su intere filiere. «Non possiamo farci mettere in sacco»
Ferrara Secondo il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, la lettera recentemente inviata all’Ue dal presidente Usa con la minaccia di dazi generalizzati al 30% sull’export europeo verso il Paese d’oltre oceano rappresenta un ulteriore «passaggio della tattica negoziale». A pensarla come lui, oggi, sono molti statisti, politici e investitori, basiti testimoni dei continui ondeggiamenti dell’amministrazione americana. Nessuno, però, ha preso quella lettera sottogamba perché l’1 agosto non è lontano e perché il presidente Usa sembra realmente intenzionato ad applicare un nuovo regime di dazi.
«Trump è un uomo d’affari e un negoziatore – commenta Andrea Pizzardi, vicepresidente di Confindustria Emilia – Il 30% è una cifra anche superiore a quanto era stato annunciato il 2 aprile scorso nel Liberation Day. Potrebbe essere un espediente per ottenere un risultato vicino al 20% che aveva già indicato. Abbiamo capito però che qualunque sarà la cifra finale non potremo evitarla». E sarà un «grave danno per l’economia continentale e per quella italiana, Ferrara compresa – prosegue il vicepresidente – Per le nostre esportazioni, in particolare per l’agricoltura e i macchinari per uso speciale, l’imposizione dei dazi avrà effetti importanti e non solo sulle singole aziende perché parliamo di sistemi produttivi organizzati in filiera: l’impatto sarà amplificato e coinvolgerà diversi settori». Il conteggio eventuale del 30% oggi è solo un’ipotesi ma «l’incertezza non agevola gli imprenditori, in queste condizioni gli investimenti rallentano o si fermano».
A questo conto poi bisogna aggiungere «il deprezzamento del dollaro – annota Pizzardi – Il 30%, se così sarà, dovrà essere ulteriormente corretto al rialzo fino al 40-45%. Il colpo sarà pesante anche per l’economia americana. L’apertura all’esterno modifica l’assetto produttivo di un Paese e una catena di valore non si crea da un giorno all’altro, nemmeno in pochi mesi. Le imprese Usa dovranno pagare molto di più per avere le stesse merci che oggi comprano a prezzi più bassi e tutto questo ricadrà anche sui consumatori». Prevedere numeri, fare stime più o meno precise allo stato dei fatti oggi rischia di produrre risultati fuorvianti. «Serve almeno un dato reale, non un pronostico del 20-25-30% – prosegue il numero due di Confindustria Emilia, dove Ferrara è presente assieme a Modena e Bologna – Sappiamo che molte di queste dichiarazioni sono fatte per spaventare la controparte e spingerla a non reagire, ma noi non possiamo più permettercelo».
Una contrapposizione con gli Stati Uniti sugli scambi commerciali «non può essere risolta da singoli Stati europei ma deve essere trattata a livello comunitario – argomenta l’imprenditore e dirigente di Confindustria Emilia – L’Europa deve iniziare a tirare fuori le unghie, deve rispondere in maniera decisa senza farsi mettere in scacco e restarci a lungo. A dazi elevati imposti al nostro Paese e all’Europa devono corrispondere dazi elevati sulle esportazioni americane. Occorre minimizzare i danni, certo, ma davanti ad atteggiamenti così impattanti e aggressivi deve esserci una reazione».
Trump ha creato una situazione in cui «alla fine perderemo tutti, nel medio termine non ci saranno vincitori. Le ripercussioni - anche per l’economia americana - saranno inevitabili. Alla fine i dazi fanno guadagnare un unico soggetto, lo Stato: gli investitori, gli imprenditori e i consumatori dovranno fare i conti con un aumento sensibile dell’inflazione e forse anche con la carenza di prodotti sugli scaffali. Sarà difficile per Wall Street sostenere il presidente se sceglierà di continuare a battere questa strada».
Gi.Ca.
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