Prearo e la vita da calzolaio. Un’arte a portata di piede
Gabriele è uno degli ultimi sette calzolai rimasti a Ferrara: «Fin da bambino osservavo mio padre Marcello in bottega. I clienti necessitano soprattutto di riparazioni, anche di borse»
Ferrara Gabriele Prearo è uno degli ultimi sette calzolai rimasti in città. Appassionato del suo lavoro fin da ragazzo, oggi che di anni ne ha 61 anni svolge la sua attività ancora con immutato entusiasmo in corso Isonzo, in un piccolo ma attrezzatissimo negozio che ha resistito alla crisi che tutti i settori hanno attraversato.
Da dove le nasce questa passione?
«L’esempio me lo diede mio padre Marcello che dopo essere stato per un periodo operaio della famosa Zenit, decise di mettersi in proprio e di aprire una bottega in via Saraceno a Ferrara. Io lo osservavo fin da quando ero piccolo e mi stupivo di quanto riusciva a realizzare ed è stato questo che mi ha conquistato decidendo di fare anch’io lo stesso mestiere. Non insieme a lui, bensì con un mio negozio che aprii in via Santo Stefano dove rimasi per vent’anni per poi trasferirmi qui ormai da 19 anni. Sono quindi alle soglie del mio quarantesimo anno senza nessuna intenzione di fermarmi. Purtroppo mio padre morì giovane ma fece in tempo ad insegnarmi il mestiere».
In quarant’anni di attività cosa è cambiato?
«Nonostante si parli tanto di consumismo in realtà non ci sono stati molti cambiamenti. Quello di cui hanno bisogno i miei clienti sono principalmente le riparazioni che riguardano le scarpe ma anche altri oggetti come cinture e borse. Qualcosa da riparare c’è sempre e per questo ci sono io pronto a provvedere. Se di innovazione si vuole parlare allora nel settore scarpe, sono i giovani che le hanno in parte abbandonate scegliendo e preferendo le “tennis”, utilizzate poi anche dagli adulti maturi per la loro comodità e soprattutto perché vogliono essere anche loro alla moda. Ma anche quelle hanno bisogno di manutenzione, di cambiare ad esempio i lacci di cui ho una incredibile e vastissima gamma di colori e formati. Tre scaffali pieni di contenitori con misure e tinte per ogni tipo, modello di scarpa e quindi per tutti i gusti».
Quindi i suoi clienti non hanno età, ma sono più gli uomini o le donne che ricorrono a lei?
«Direi che sono proprio alla pari. Ci sono le donne che mi portano oltre alle scarpe ed ai sandali anche le borsette da ricucire, gli uomini che hanno le cinture e le bretelle, i giovani le tennis ma il numero non si discosta molto da una categoria all’altra. Per gli uomini però ho uno spazio privilegiato: quello della realizzazione di scarpe su misura. Sono in verità pochi perché anche se mi piacerebbe dedicarmi di più a questo settore, mi manca il tempo che le riparazioni mi prendono quasi completamente. Qualche modello lo faccio ancora e se guarda alla parete ho conservato le forme del loro piede che ovviamente si è modificato nel tempo per procedere alla produzione di scarpe nuove».
Nel suo negozio non mancano gli accessori, ma i più importanti quali sono?
«Direi assolutamente la fresa e le tre macchine per cucire ma il lavoro e le rifiniture si fanno soprattutto a mano. Mi sono attrezzato con molti lucidi speciali, bombolette spray per pelli scamosciate, le solette per le scarpe un po’ troppo abbondanti e scatole di cinture di cuoio. Non sono molti gli arnesi del mio mestiere, perché essendo in realtà un lavoro che definirei monotono, non mi ha portato a fare innovazioni di rilievo. Nella mia carriera non ho mai ricevuto richieste particolarmente stravaganti e tutto è proseguito nella tranquillità ed appunto la consuetudine che comunque mi ha dato e continua a darmi tanta soddisfazione specie quando vedo il cliente che ritorna in possesso delle sue cose che aveva messo già come perdute per sempre»
Lei ha un figlio, Luca, sta proseguendo la sua attività?
«In un certo senso sì, infatti il settore è lo stesso ma ha scelto di essere alle dipendenze di una grande azienda specializzata nella produzione di scarpe di lusso rinunciando all’attività in proprio che quindi finirà con me ma non per adesso».
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