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L’impresa

La sfida alle Dolomiti parte da Cento: 86 cime in 86 giorni

Nicola Vallese
La sfida alle Dolomiti parte da Cento: 86 cime in 86 giorni

L’impresa di Luca Fois, atleta e veterano delle forze speciali

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Cento Nel cuore delle Dolomiti, tra vette instabili e paesaggi mozzafiato, si sta compiendo un’impresa che fonde coraggio, disciplina militare e consapevolezza ambientale. Luca Fois, veterano delle forze speciali e atleta, ha intrapreso la scalata di 86 cime oltre i tremila metri, tutte in un’unica stagione, con l’obiettivo di stabilire un record senza precedenti. Non si tratta solo di sport estremo, ma di una sfida fisica e logistica in condizioni dure, quasi spartane, che mettono alla prova corpo e mente. A supportarlo in questa missione c’è Emanuele Chessa, responsabile logistica e sicurezza, della palestra KESSmbc di Cento, figura chiave nell’ingranaggio quotidiano di questa spedizione autonoma e fuori dai circuiti ufficiali.
Partiti il 27 giugno, Luca ed Emanuele si muovono con due mezzi adattati alla vita da campo, tra brandine, fornelli e docce fredde. Dopo poco più di due settimane avevano già messo a segno 25 vette, ma non senza difficoltà. «Siamo in leggero ritardo – racconta Luca – abbiamo perso tre giorni per problemi di salute. Avevo sottovalutato una serie di piccoli acciacchi, poi sfociati in una cervicalgia che mi causava perdita di equilibrio e acufeni». Un passaggio in ospedale si è reso necessario, ma l’impresa è ripresa con la determinazione di sempre.
Ogni giorno è una sfida diversa, spesso resa più dura dal cambiamento climatico, che ha alterato profondamente le condizioni delle vie di salita. «La Dolomia si sta frantumando – spiega Luca – le vie normali sono spesso impraticabili, perché il ritiro dei ghiacciai ha lasciato scoperti versanti instabili. Rocce che una volta si toccavano con sicurezza oggi si sgretolano». Due settimane prima, nella zona di Cortina, ha assistito a frane su percorsi frequentati. «Quelle che sulla carta sembrano salite da quarto grado, in realtà sono diventate trappole pericolose». Il futuro appare quindi molto incerto da chi, toccando con mano e con i piedi si rende conto che qualcosa sta cambiando: «Temo che i miei figli non potranno vedere queste vie come le ho viste io. Entro il 2040 molti ghiacciai, Marmolada compresa, potrebbero scomparire del tutto».
Dal punto di vista tecnico, le difficoltà maggiori non derivano tanto dalla verticalità, quanto dalle concatenazioni di più cime, spesso da percorrere senza possibilità di rientro a valle: «Tratte lunghe, in quota, su materiale instabile. La più complessa sarà l’Antelao, con 4 cime da affrontare di seguito. In quel caso useremo una guida alpina, non tanto per la difficoltà tecnica quanto per l’esperienza nel gestire situazioni estreme». Ma la fatica non finisce in vetta. Una volta scesi, inizia la seconda parte della giornata, fatta di recupero limitato e vita essenziale. «Dopo 12 ore di scalata torniamo ai mezzi, viviamo al campo. Niente rifugi, niente comfort. Una doccia fredda, un fornello acceso e una brandina. Recuperiamo pochissimo. A volte partiamo il giorno dopo con il 50% delle energie». Qui entra in gioco il lavoro silenzioso ma essenziale di Emanuele Chessa, che gestisce ogni aspetto pratico: dal cibo alle comunicazioni satellitari, dalle emergenze tecniche alla manutenzione dei mezzi. «Io mi limito ad arrampicare – ammette Luca – Tutto il resto è sulle sue spalle. Se oggi siamo ancora qui a parlare di questa impresa, è perché lui fa funzionare il tutto». Eppure, in mezzo a questa maratona verticale, non mancano i momenti di nostalgia come gli affetti familiari che i due non vedono l’ora di riabbracciare pur rimanendo in contatto con loro grazie alle videochiamate effettuate con antenna satellitare. Quando tutto sarà finito, non sognano feste o clamore. «Io voglio solo dormire tre giorni abbracciato ai miei figli» afferma Luca, mentre Emanuele, più conviviale, parla già di una grigliata, magari per celebrare assieme, «vittoria o sconfitta che sia».
Il progetto non si limita al record. Col patrocinio dell’Associazione nazionale alpini, stanno raccogliendo dati aggiornati col gps sulle condizioni delle vie normali. «In molte relazioni mancano informazioni aggiornate. Segnaliamo ferrate lesionate, soste saltate, frane. In alcuni casi abbiamo sistemato cordoni e chiodi, anche se non sarebbe nostro compito. Alla fine, consegneremo tutto all’Ana, in un drive pubblico. Vogliamo lasciare qualcosa a chi verrà dopo di noi».