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Da piaga a business: Goro reagisce al granchio blu

Marco Nagliati
Da piaga a business: Goro reagisce al granchio blu

Ristori dal Governo e oltre un milione per la cattura. «Gli effetti si stanno attenuando»

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Ferrara Dentro al tunnel… «ma rispetto a due anni fa si inizia ad intravedere qualche lucina» sussurra Marica Brugnoli, sindaca di Goro. Ventiquattro mesi fa quella che viene definita “specie aliena”, il granchio blu, ha invaso il litorale adriatico.

Proliferando a velocità inarrestabile. Distruggendo la molluschicoltura (cozze e vongole) e mettendo in ginocchio le marinerie di Veneto ed Emilia Romagna. Nel Basso Ferrarese oltre 250 pescatori hanno smesso l’attività, a fine 2025 almeno 2-3 piccole cooperative (su 50 esistenti) chiuderanno.

Non solo: l’80% di coltivazione delle vongole è perso. Ecco perché i prezzi sono saliti. Insomma, un’emergenza che ha indotto il Governo a nominare un Commissario straordinario per l’adozione di interventi urgenti: si tratta di Enrico Caterino (ex Prefetto di Rovigo e Ravenna) ieri in prefettura a Ferrara per fare un punto della situazione.

Al suo fianco il prefetto Massimo Marchesiello, padrone di casa, da sempre in prima linea riguardo al granchio blu: «Per fortuna c’è una visione unitaria – dice Marchesiello – su una problematica sempre attuale. Gli effetti si stanno attenuando, ma il nostro territorio soffre. Il decremento economico è stato importante, tuttavia ho visto calma e moderatezza da parte delle persone».

Il Governo ha complessivamente stanziato 10 milioni di euro per affrontare la “piaga blu”, con Emilia Romagna e Veneto le regioni che godono della percentuale maggiore di finanziamenti. In Emilia 1 milione e 300.000 euro disponibili quest’anno per la cattura del granchio blu, quasi 4 milioni globali per gli indennizzi (finalmente pronti i moduli per la presentazione domande di ristoro).

Inoltre, in cassa 2,9 milioni legati ai fondi di solidarietà, più i bandi regionali che coprono cattura e smaltimento. «Si sta facendo lavoro di squadra – spiega Caterino – con Regioni, sindaci, associazioni pescatori, Consorzi ed enti di ricerca».

Intanto, prosegue massiccia la campagna di cattura selettiva (ovvero mettere nelle reti solo le femmine in modo da diminuire la deposizione delle uova), poi verrà rinforzato l’uso di teli e recinzioni per proteggere allevamenti e semi di vongole e cozze («attualmente siamo al 20% di capacità – evidenzia Brugnoli – ma abbiamo chiesto di poterci allargare su un terreno che copra almeno il 60% delle potenzialità»).

Inoltre, si procederà con la sperimentazione: disturbatori acustici e visivi che possano allontanare il granchio. Gli studi di Ispra e UniPadova sono in corso. «Ricordiamo che questo per noi è un fenomeno inedito – avverte Caterino – e non riusciremo ad eliminare del tutto questa specie: dobbiamo cercare di conviverci. Come? Contrastandola ma anche creando del business sulla lavorazione e trasformazione del granchio. C’è potenziale». Ci sono tentativi per usare il granchio macinato come mangime per animali e laboratori attivi per possibili usi farmaceutici.

La polpa del granchio blu in alcuni paesi piace e sono quelli che stanno iniziando ad acquistarlo in Italia: Tunisia, Turchia, Stati Uniti e Sri Lanka che a loro volta lo esportano in Corea.

Spiega Brugnoli: «Dopo un primo smarrimento stiamo iniziando a reagire: serve tempo per capire e sperimentare. La cooperativa Copego ha venduto quasi 300 quintali a fornitori locali, ben più di 2.000 quintali negli ultimi mesi all’estero. C’è un imprenditore tunisino molto interessato al raccolto. Continuiamo a dare lavoro alla filiera: famiglie che non perdono uno stipendio, meno costi di smaltimento e meno granchi in mare. Le socie Copego, dalle 50 alle 70 unità, si occupano della lavorazione, mentre i soci maschi vanno in acqua a catturare».

«Il Delta del Po – rilancia Caterino – ha capacità enormi per organizzazione, unione e condivisione dei percorsi da intraprendere. Da parte mia c’è la massima apertura ad ascoltare e confrontarmi con tutti». 


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