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Il caso

Bimbo ricoverato per emorragia a Cona. Arriva il conto dei pasti da saldare

Nicolas Stochino
Bimbo ricoverato per emorragia a Cona. Arriva il conto dei pasti da saldare

La madre: «Non è giusto far pagare il vitto agli accompagnatori dei minori»

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Ferrara Un ticket tramite PagoPa da 193,40 euro per i pasti consumati in reparto dagli accompagnatori del figlio ricoverato: è quanto si è vista recapitare a casa Valentina Barbieri, madre di un bambino di 11 anni rimasto in Pediatria all’ospedale di Cona per dieci giorni lo scorso agosto in seguito a un’emorragia alla milza. Il ragazzo era stato portato in pronto soccorso il 16 agosto, dopo un incidente avvenuto a Lido degli Estensi dove la famiglia ha una casa. «Stava saltando sul lettino – ha spiegato la madre – giocando con il fratellino e i nonni quando è caduto battendo il petto. Inizialmente non sembrava nulla di grave, ma poco dopo, a casa, ha iniziato a vomitare. Abbiamo chiamato l’ambulanza e a Cona la diagnosi è stata emorragia alla milza».
Il bambino è rimasto ricoverato fino al 27 agosto, in condizioni che nei primi giorni hanno richiesto di restare fermo a letto. «I primi due giorni sono rimasta io – racconta Barbieri – ma essendo incinta del terzo figlio non potevo reggere fisicamente. Per gli otto giorni successivi si sono alternati il padre e il nonno paterno». Secondo quanto riferito dalla famiglia, il reparto di Pediatria ha richiesto la presenza costante di un adulto accanto al minore. «Per chi fuma, era difficile anche solo uscire per accendersi una sigaretta – spiega la madre – perché i minori non possono restare da soli». La sorpresa è arrivata qualche settimana dopo le dimissioni, quando alla famiglia è stata notificata una fattura da 193,40 euro, spesa legata ai pasti per 8 giornate degli accompagnatori (padre e nonno) che si sono alternati, esclusi i primi due giorni in cui, essendo la madre in gravidanza, i pasti sono stati forniti gratuitamente. «Trovo assurdo – ha commentato Barbieri – che, pur essendo stati obbligati a restare, ci venga chiesto di pagare. Tra l’altro, si trattava di pasti scarsi e poco appetibili».
La donna riferisce di aver contattato immediatamente l’ospedale, ma dal centralino le sarebbe stato risposto che «sono le regole». Anche la segnalazione presentata all’Urp non avrebbe prodotto risultati diversi: «Dopo aver aperto una segnalazione e richiesto tutti i documenti, mi hanno confermato che non c’è altro da fare se non pagare». Il padre del bambino ha dovuto assentarsi dal lavoro durante il ricovero, ricevendo il sostegno dell’azienda. La madre sottolinea che il figlio, ora in buone condizioni, dovrà comunque rinunciare per alcuni mesi alle attività sportive, tra cui il karate. «Se fosse stato più grave – aggiunge – avrebbe rischiato l’asportazione della milza». La vicenda porta l’attenzione sul tema delle spese a carico delle famiglie durante i ricoveri ospedalieri dei figli minori. A fronte dell’obbligo di garantire la presenza di un adulto, resta aperto il dibattito sulla gestione dei costi dei pasti, che, come raccontato dalla donna, è stato addebitato alla famiglia. 

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