Macachi di Unife, la procura generale si oppone al sequestro
Il procuratore generale si esprime contro il ricorso del pm ferrarese. Gli animali, infatti, sono stati traferiti in una struttura di recupero e non vi sarebbe il protrarsi della condizione di maltrattamento per cui era stata aperta un’indagine
Ferrara È una strada in salita, quella che il pm Andrea Maggioni ha individuato nell’indagine sui macachi usati dall’Università di Ferrara per le sperimentazioni scientifiche. La richiesta di sequestro dei primati – ormai non più nella disponibilità dell’Ateneo –, già respinta dal giudice delle indagini preliminari e dal Riesame, rischia di avere la stessa sorte anche in Cassazione, davanti alla quale il pm ha presentato ricorso.
Il sostituto procuratore generale Pietro Molino ha infatti chiesto agli ermellini che dichiarino inammissibile il ricorso nell’udienza fissata per il 15 ottobre. Il motivo di tale richiesta in contrasto con quella del pm ferrarese, da quanto si apprende è legata alla considerazione che non vi sia prova del protrarsi della condizione di maltrattamento degli animali dopo che questi sono stati trasferiti in una struttura di accoglienza apposita fuori dai confini nazionali, in Spagna. Tecnicamente, dunque, non vi sarebbe più il cosiddetto “periculum in mora”, ovvero il pericolo che la situazione peggiori ritardando un intervento necessario, individuato in questo caso nel sequestro dei macachi.
Il giudizio del sostituto procuratore generale, ovviamente, non determina un’automatica sconfitta della linea del pm ferrarese, ma di certo è un punto a favore dell’Università di Ferrara e degli indagati nel procedimento per maltrattamento di animali collegato alla richiesta di sequestro: la rettrice Laura Ramaciotti, il suo predecessore Giorgio Zauli, il professor Luciano Fadiga e il veterinario Ludovico Scenna, componente dell’Organismo preposto al benessere animale dell’Università di Ferrara.
Ad aprile i macachi Clarabella, Eddi, Cleopatra, Cesare e Archimede utilizzati per la sperimentazione animale dal Dipartimento di neuroscienze e riabilitazione erano stati trasferiti per decisione dell’Ateneo in una struttura nel sud della Spagna. L’indagine è stata azionata dall’esposto delle associazioni animaliste Animal Liberation e Limav Italia.
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